Corona condannato a un anno per la vicenda dei soldi nel controsoffitto, l'ex paparazzo esulta in aula

Lunedì 12 Giugno 2017
Corona (Ansa)
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Fabrizio Corona è stato condannato a un anno dal Tribunale di Milano nel processo con al centro circa 2,6 milioni di euro in contanti trovati in parte in un controsoffitto e in parte in cassette di sicurezza in Austria.

L'ex agente fotografico era stato nuovamente arrestato lo scorso 10 ottobre mentre era in affidamento in prova ai servizi sociali per scontare condanne già definitive. Il collegio, presieduto da Guido Salvini, ha anche condannato a sei mesi a collaboratrice di Corona, Francesca Persi.
 
 

Corona ha esultato battendo i pugni sul tavolo e dicendo «Sì!, Giustizia è fatta!». Sono cadute infatti due imputazioni, l'intestazione fittizia dei beni in relazione ai soldi in contanti, e la violazione delle norme patrimoniali sulle misure di prevenzione. L'ex agente fotografico è stato condannato solo per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Ha citato il "daimon" di Platone, ha fatto commuovere e scoppiare a piangere la sua fidanzata Silvia Provvedi, quando anche lui con la voce rotta dall'emozione l'ha definita «unica e speciale» e un «amore vero», e poi si è difeso strenuamente spiegando, in sostanza, di essere un «perseguitato».

«Non sono un criminale e soprattutto non sono e non sarò mai un mafioso», ha detto leggendo alcuni fogli contenenti anche una lettera indirizzata direttamente ai giudici. La Dda di Milano, ha insistito Corona, ha fatto soltanto «molto rumore per nulla», con un'altra citazione stavolta shakespeariana, e ciò solo perché arrestare Corona dà «5 minuti di celebrità a tutti».


A carico di Fabrizio Corona ha retto soltanto un'imputazione della legge penale tributaria, mentre le altre due accuse, che non avevano precedenti giurisprudenziali e che venivano contestate dalla Dda di Milano, sono state spazzate via dalla sentenza della prima sezione penale (giudici Salvini-Nobili-Ghinetti) che ha condannato l'ex agente fotografico a un anno contro i 5 chiesti dal pm Alessandra Dolci.

In sostanza, il collegio ha accolto grossa parte delle tesi proposte dai legali Chiesa e Sirotti, tra cui il fatto che non ci fosse prova che i circa 2,6 milioni di euro in contanti fossero frutto di attività illecite e di presunti contatti con la criminalità. Dopo la sentenza, mentre Corona baciava la fidanzata, fan e amici hanno applaudito. I giudici hanno trasmesso gli atti in Procura, come richiesto dal pm, per un'eventuale indagine per appropriazione indebita a carico di Corona e per dichiarazione infedele dei redditi. Reato già contestato dal pm David Monti prima che l'indagine passasse alla Dda.

In particolare, riguardo all'accusa di intestazione fittizia dei contanti (che giustificava la misura cautelare, revocata) alla collaboratrice Francesca Persi (condannata a 3 mesi con la sospensione condizionale, mentre l'accusa chiedeva oltre 2 anni) è stata accolta, in sostanza, la tesi della difesa: quei 2,6 milioni di euro erano il frutto del 'nerò accumulato da Corona con le serate nei locali e con le altre attività lecite. Come chiarito dai difensori, l'ex re dei paparazzi avrebbe incassato quasi 1,8 milioni (trovati nel controsoffitto) tra il 2008 e il 2012 prima di finire in carcere per la prima delle vecchie condanne diventata definitiva. Gli altri 830mila euro trovati in Austria sarebbero, invece, nero accumulato tra il 2015 e il 2016 dopo che aveva ottenuto l'affidamento in prova sul territorio ed era tornato a fare serate ed eventi.

Su tutti quei soldi, però, come emerge dal verdetto, non c'è stata alcuna intestazione fittizia (tra l'altro, l'intestazione fittizia di contanti non ha precedenti in giurisprudenza), perché Persi, come sostenuto dalla difesa, sarebbe stata «mera custode» di quei soldi nascosti senza alcuna apparente schermatura fittizia, come prevede il reato. Tra l'altro, sempre come sostenuto dai difensori, i soldi nelle cassette di sicurezza in Austria potevano ancora essere dichiarati al Fisco. I giudici, in pratica, hanno accolto la linea della difesa che ha sempre sostenuto che si trattasse solo di una questione fiscale, tanto che hanno deciso la trasmissione degli atti in Procura su quei contanti per il reato di dichiarazione infedele dei redditi, inizialmente contestato dal pm Monti che per primo interrogò Corona, prima che l'inchiesta passasse alla Dda di Ilda Boccassini.

Anche per l'altro capo di imputazione, un'omissione di comunicazioni relativa alle norme sulle misure di prevenzione, non ci sono precedenti in giurisprudenza e non c'è reato, secondo i giudici, anche perché la misura di prevenzione della sorveglianza speciale venne applicata a Corona dopo che grossa parte di quei contanti erano stati già accumulati. Ha retto solo l'accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte relativa ad una cartella esattoriale che non ha nulla a che fare coi contanti sequestrati lo scorso autunno

Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 08:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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