L'allarme dell'Unicef: 200 milioni di donne vittime di mutilazioni genitali nel 2015

Sabato 6 Febbraio 2016 di Giulia Aubry
I terribili strumenti utilizzati in molti paesi per le mutilazioni genitali femminili
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In occasione del 6 febbraio, giornata mondiale contro l'infibulazione, l'Unicef ha diffuso un report con l'aggiornamento dei dati sull'incidenza delle mutilazioni genitali femminili. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia almeno 200 milioni di ragazze e donne in tutto il mondo sono state sottoposte a tale terribile pratica che, oltre a costituire una menomazione a vita, rende difficile, quando non impossibile, condurre una vita, non solo sessuale, normale e, in alcuni casi, può portare infezioni e morte.

Il dato è allarmante. Soprattutto se si considera che nel 2014 un report analogo aveva diffuso un numero inferiore a quello attuale di circa 70 milioni di unità. Nonostante i proclami di molti paesi che hanno dichiarato fuorilegge l'infibulazione - l'Indonesia nel 2006 e la Nigeria nel 2014, solo per fare due esempi -, il numero di donne che l'hanno subita è infatti cresciuto. Quasi raddoppiato.

Secondo quanto pubblicato dall'Unicef, le nazioni in cui i numeri sono più alti (con un totale complesivo di 100 milioni di donne) sono l'Egitto, l'Etiopia e l'Indonesia, tutti paesi in cui la pratica è ufficialmente vietata. Proprio l'Indonesia è alla base dell'incremento numerico registrato dalle Nazioni Unite. E non solo perchè fino a due anni fa il paese del Sud Est asiatico forniva solo dati parziali, ma perchè, nonostante la dichiarazione ufficiale del governo che ha vietato la pratica in quanto considerata «inutile», in molte zone si è continuato a mutilare le giovani donne al momento del raggiungimento della pubertà, quando non prima. Il 50% di tutte le bambine indonesiane al di sotto degli 11 anni risulta, infatti, aver subito la mutilazione.

Attualmente in tutto il mondo sono 44 milioni le bambine al di sotto dei 14 anni già sottoposte all'infibulazione. Il 56% di tutte le giovani di questa età del Gambia e il 54% della Mauritania. I numeri diventano ancora più spaventosi quando ci si sposta in altri paesi africani, come la Somalia - dove il 98% delle donne tra i 15 e i 49 è stata mutilata -, la Guinea, dove lo è il 97%, e in Djbouti, dove la percentuale si attesta al 93%.

A fronte di tanti numeri negativi l'Unicef ha voluto dare qualche nota di speranza. Sempre più paesi, infatti, stanno rendendo disponibili i dati realtivi all'ingerenza del fenomeno all'interno dei loro confini, un'implicita richiesta di aiuto alla comunità internazionale affinchè li aiutino a diffondere una cultura di prevenzione ed educazione a supporto delle leggi che sono state approvate e promulgate dai governi. Governi che non sempre hanno il controllo completo dei loro territori e la forza di far rispettare la norma.

A questo primo, piccolo passo in avanti, si deve aggiungere che il numero complessivo, anche nel confronto con l'aumento della popolazione nei paesi interessati, di ragazze tra i 15 e i 19 infibulate è costantemente in diminuzione. Ma la strada per debellare quella che è una delle principali cause di morte delle giovani donne in molti paesi del sud del mondo, è ancora lunga. I dati dell'Unicef e la giornata mondiale contro l'infibulazione sono solo piccoli tasselli sui quali costruire una nuova cultura e consapevolezza a difesa dei diritti di tante, troppe donne in tutto il mondo.
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