Ue a più velocità, spaccatura a Bruxelles

Sabato 11 Marzo 2017 di Alberto Gentili
Ue a più velocità, spaccatura a Bruxelles
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dal nostro inviato
BRUXELLES
«Ero e resto ottimista che a Roma si possa firmare una dichiarazione per il rilancio dell'Europa. Ma scrivere un testo a ventisette non è cosa facile». Alle tre di pomeriggio, dopo una lunga maratona negoziale, Paolo Gentiloni lascia palazzo Justus Lipsius con un sospiro. La sera prima aveva detto: «Mi auguro che domani si possa stilare una bozza definitiva della dichiarazione». Così non è stato. Dai Paesi dell'Est, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Estonia, è arrivato lo stop. E' stato alzato il disco rosso: «Siamo contrari all'Europa a più velocità, ci marginalizza», ha messo a verbale la premier polacca Beata Szydlo, che il giorno prima aveva posto il veto sulle conclusioni del vertice per protestare contro la riconferma del connazionale Donal Tusk alla presidenza del Consiglio europeo.

LA TRATTATIVA
Gentiloni sorride. «Eppure con me la signora polacca si era ammorbidita. Sembrava collaborativa. Quando ci siamo salutati mi ha detto: See you in Rome, ci vediamo a Roma». Il problema è che l'Europa a Ventisette, sfibrata e paralizzata dall'allargamento a Est, non litiga solo sul proprio futuro. E' stallo anche sulla prospettiva da dare ai Paesi balcanici (Serbia, Bosnia, etc) «destabilizzati», come dice Angela Merkel, da Russia, Cina e Turchia. «Noi saremmo per una politica di apertura, sono nostri vicini, invece...», allarga le braccia Gentiloni. E non marcia neppure il «pilastro dell'Europa sociale»: «Molti Paesi, soprattutto del Nord, sono riluttanti a condividere le politiche sociali, ritengono che debbano restare di competenza nazionale», racconta il sottosegretario Sandro Gozi, «ma speriamo di far avanzare l'unione sociale ricorrendo al principio della sussidiarietà. Vedremo».

Il prossimo passaggio è Roma il 25 marzo. E' il tentativo di rilancio dell'Unione in occasione dei 60 anni dei Trattati del 1957. E la giornata del premier italiano, impegnato a evitare il fallimento del summit romano, comincia presto. Prima una colazione insieme a Juncker, Tusk, e il maltese Muscat presidente di turno dell'Unione. Poi un bilaterale con Frau Merkel. Obiettivo: evitare lo strappo dei Paesi dell'Est e trovare una formula della dichiarazione di Roma che trovasse il consenso di tutti e 27 gli Stati dell'Unione.

L'impresa, dopo ben cinque ore di discussione, non riesce. Conclusione: venerdì prossimo ci sarà una riunione degli sherpa che lavoreranno a un testo di mediazione. «Il negoziato però dovrà concludersi prima, non sull'uscio della sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio», avverte Gentiloni. Per la verità un'ipotesi d'intesa già circola. I Grandi (Germania, Francia, Italia, Spagna, sostenuti da Portogallo, Belgio, Austria e Lussemburgo) rinunceranno a spingere sulla formula delle diverse velocità d'integrazione, rimarcando che l'unità dei Ventisette è la norma, mentre le diverse velocità costituiscono un'eccezione. E comunque sempre nell'ambito del sistema di cooperazioni rafforzate aperte già in vigore. «A trattati invariati e senza escludere nessuno». Uno schema che sembra destinato a ottenere il sì anche dei Paesi dell'Est. Non a caso pure la Merkel si dichiara «ottimista».

Ma per raggiungere il risultato da qui al 25 marzo, questo è il tempo delle rassicurazioni. Ci si cimenta la Cancelliera: «L'Europa a più velocità non è un'Europa esclusiva ma inclusiva». Nello stesso lavoro si getta Juncker: «Per qualcuno l'idea di una Europa a diverse velocità marcherebbe una linea di divisione tra Est e Ovest come una nuova cortina di ferro. Non è questa l'intenzione. L'Europa a più velocità esiste già, basta guardare all'euro e a Schengen». Media, naturalmente, anche Gentiloni: «La scelta di proseguire sulla strada di un'Unione a più velocità è una direzione di marcia necessaria. Perché consente, laddove ci sia un'intesa tra singoli Paesi, di fare dei passi avanti. Ma questa scelta si fa nell'ambito dei trattati esistenti, senza scegliersi i partner, consentendo a tutti di aderire».

Mediare in queste ore non è facile. Dopo il veto di Beata Szydlo sulle conclusioni del vertice, l'altra sera alla cena dei leader la premier polacca è stata bersaglio di attacchi. Il premier belga Michel ha definito l'atteggiamento polacco «infantile» e «inaccettabile». In più alla Szydlo, che proclamava che Varsavia ha i propri principi, Hollande ha replicato: «Voi avete i principi, noi i fondi strutturali». Velenosa la replica della Szydlo: «Si può prendere seriamente il ricatto di un presidente che ha solo il 4% di sostenitori e che presto lascerà suo incarico? La Polonia non ha paura di nessun ricatto».
Ultimo aggiornamento: 22:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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