Usa, Cia: «Putin influenzò il voto ma non ci furono vantaggi per Trump»

Venerdì 6 Gennaio 2017 di Anna Guaita
Usa, Cia: «Putin influenzò il voto ma non ci furono vantaggi per Trump»
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NEW YORK – Adesso è proprio ufficiale: Donald Trump è presidente. Ieri mattina il Congresso ha ratificato la sua elezione, proprio mentre il presidente eletto era rinchiuso in un sala privata della sua torre newyorchese con gli esponenti delle agenzie di intelligence. E’ stata una pura coincidenza che l’ultimo passo legale della sua elezione sia avvenuto mentre la Ni, l’Fbi e la Cia gli presentavano il rapporto segreto sull’hacking dei russi durante la campagna elettorale. Il capo della National Intelligence, James Clapper, accompagnato dal direttore della Cia John Brennan e quello dell’Fbi James Comey sono arrivati peraltro neanche un’ora dopo che il New York Times aveva pubblicato un’intervista con Trump in cui questi aveva clamorosamente protestato che tutta la questione era “una caccia alle streghe”.  

E proprio mentre si teneva la riunione a porte chiuse, l’ufficio del “Director of National Intelligence” (dni.gov) ha messo in rete il rapporto, in una versione depennata dei particolari top-secret, perché tutti potessero leggerla. Così mentre Trump riceveva il suo briefing, il resto del mondo veniva a conoscere le conclusioni delle 19 agenzie di intelligence Usa sull’operato dei russi. Non si può negare che le parole fanno effetto: “Abbiamo accertato che il presidente Vladimir Putin ha dato ordine di influire sulla campagna presidenziale del 2016. Gli scopi della Russia erano di minare la fiducia del pubblico nel processo democratico, denigrare il segretario di Stato Clinton, e danneggiare le sue potenzialità di essere eletta. Inoltre abbiamo accertato che il governo russo aveva sviluppato una chiara preferenza per il presidente eletto Trump”.

Il capo della Cia, John Brennan ha spiegato che la decisione di pubblicizzare questo rapporto e metterlo a dispoziione di tutti è stata dettata dalla preoccupazione che la Russia stia ora tentando di effettuare simili manovre “anche in Europa”, in particolare “in Germania”.

Donald Trump ha definito “costruttivo”  l'incontro con i vertici dell’intelligence, e si è anche impegnato a creare – da presidente - una task force per la cybersicurezza. Ma ha sottolineato con forza una parte del rapporto in cui si spiegava che non ci sono prove che le manipolazioni di Putin abbiano poi influito sulle decisioni dell’elettorato, e che la conta dei voti non è stata inquinata.

Per Trump comunque il contrasto con i servizi è oramai conclamato, e nei giorni scorsi ha anche fatto sapere che intende ristrutturarli e snellirli e di giudicarli “politicizzati”.

Ma l’intelligence, lo spionaggio e la questione dell’hacking non sono gli unici problemi per Trump. L’ex generale scelto da lui stesso alla guida del Pentagono sarebbe in rotta con la squadra della transizione, perché non è d’accordo con i nomi che questa suggerisce per i posti chiave del Ministero della Difesa. Il generale James Mattis è arrabbiato perché vorrebbe nominare lui i segretari delle varie forze armate, mentre Trump lo ha colto di sorpresa scegliendo il miliardario Vincent Viola come segretario dell’Esercito. 

Al malumore di Mattis si aggiunge quello del consigliere James Woolsey, che giovedì sera ha annunciato di essersi dimesso dalla squadra di transizione. Woolsey, un vecchio decano dell’intelligence che è anche stato alla guida della Cia, non ha spiegato il motivo delle sue dimissioni, ma è ben noto che le recenti posizioni di Trump in polemica con il mondo dell’intelligence lo hanno irritato. Woolsey ha fatto sapere di non voler più prestare il proprio nome come “consigliere speciale” a una squadra sta navigando in senso contrario a quello che lui giudica corretto e sicuro.
Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 10:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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