Thailandia, condanna record: 50 anni di carcere per aver insultato sui social la famiglia reale

Mezzo secolo in cella per un post lesivo dell'immagine della monarchia. Il giovane farà ricorso in Cassazione

Venerdì 19 Gennaio 2024 di Silvia Sfregola
Thailandia, condanna record: 50 anni di carcere per aver insultato sui social la famiglia reale

Condannato a mezzo secolo di carcere per un post sui social contro la famiglia reale. È una sentenza storica quella emessa dalla giustizia thailandese per lesa maestà, la più pesante mai pronunciata nel Paese per un reato di questo tipo.

Ad annunciarla è stato un gruppo di avvocati attivi nella difesa dei diritti umani in Thailandia. I giudici d'appello hanno aumentato di 22 anni una sentenza del tribunale di Chiang Rai (nord) che aveva condannato l'anno scorso un attivista a 28 anni di reclusione. Il 30enne Mongkol Thirakot, che adesso farà ricorso in Cassazione, è stato giudicato colpevole di altri 11 reati durante il processo d'appello. Il giovane, titolare di un negozio di abbigliamento online, è sotto processo per 27 pubblicazioni su Facebook ritenute tutte diffamatorie nei confronti del re e della sua famiglia.

La sentenza record

La sentenza è il risultato dell’aumento di 22 anni inflitto dai giudici d’appello a una precedente condanna emessa dal tribunale lo scorso anno. L'attivista condannato è sotto processo per 27 pubblicazioni sui social ritenute diffamatorie nei confronti del Re e della sua famiglia ma il contenuto non è mai stato diffuso. «Questa è la più lunga condanna per lesa maestà a nostra conoscenza», ha dichiarato su X l'associazione di avvocati in prima linea per la difesa dei diritti umani. La precedente condanna storica risaliva a gennaio 2021, quando a una donna vennero inflitti 43 anni di prigione per aver diffuso sui social network messaggi audio ostili alla monarchia.

La giustizia thailandese

In Thailandia sono in vigore alcune delle leggi sulla lesa maestà più severe al mondo e criticare il re, la regina o l'erede apparente può portare a una pena detentiva massima di 15 anni per ogni reato, il che rende assai rischioso anche solo parlare della famiglia reale. Il caso Thirakot evidenzia il crescente rigore delle autorità thailandesi nel perseguire i reati di lesa maestà e reprimere le voci critiche nei confronti della famiglia reale. Secondo la Cnn questa sentenza solleva ulteriori preoccupazioni per la libertà di espressione e i diritti umani nel Paese, attirando l’attenzione internazionale. Le sentenze contro coloro che sono condannati ai sensi della sezione 112 del codice penale thailandese, o legge sulla lesa maestà, possono durare decenni, senza contare che centinaia di persone sono state perseguite negli ultimi anni.

Il ricorso in Appello

La Corte Suprema ha negato la richiesta di cauzione di Mongkol, ma l'associazione di legali Tlhr ha annunciato che intende ricorrere in appello contro il verdetto. «La condanna record a 50 anni di carcere imposta a Mongkol per i suoi post su Facebook rende innegabile che l'anacronistica legge di lesa maestà della Thailandia ha un disperato bisogno di riforme», ha affermato Akarachai Chaimaneekarakate, responsabile della difesa del gruppo di legali. Akarachai ha evidenziato come la sentenza sia «un campanello d’allarme» per il governo affinché «modifichi la legge e la allinei agli standard internazionali». E ancora: «La Thailandia non può aspettarsi di diventare membro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite entro la fine dell’anno se si rifiuta di affrontare l’elefante nella stanza». Per anni organizzazioni per i diritti umani  e attivisti per la libertà di parola hanno affermato che la lesa maestà è stata utilizzata come strumento politico per mettere a tacere i critici del governo tailandese. «Chiunque - scrive la Cnn - cittadini comuni così come il governo può sporgere denuncia di lesa maestà per conto del re, anche se non è direttamente coinvolto nel caso».

Le reazioni

Secondo i gruppi per i diritti umani la libertà di espressione in Thailandia dal 2020 è stata sempre più presa di mira, soprattutto quando nell'intero Paese sono scoppiate le proteste guidate dai giovani che chiedevano riforme costituzionali e democratiche che includevano la riduzione del potere e dell’influenza dei militari nella politica e riforme contro per la potente monarchia. Secondo il gruppo “Thai Lawyers for Human Rights” dall’inizio di queste proteste, nel luglio 2020, almeno 1.938 persone sono state perseguite per la loro partecipazione ad assemblee politiche e almeno 262 accusate di lesa maestà durante quel periodo. Tra i casi di più alto profilo c'è il noto attivista e avvocato Arnon Nampa, che a settembre è stato condannato a quattro anni di carcere con l'accusa di lesa maestà per un discorso tenuto proprio nell'ottobre 2020. Arnon è stato uno dei primi attivisti a chiedere pubblicamente riforme della monarchia durante le proteste. I procedimenti giudiziari per lesa maestà continuano nonostante al potere ci sia un governo civile, dopo quasi un decennio di governo sostenuto dai militari.

Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 07:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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