Trump, missili sulla Siria: lampi di guerra con la Russia

Sabato 8 Aprile 2017
Trump, missili sulla Siria: lampi di guerra con la Russia
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Gli Stati Uniti, su ordine del presidente Donald Trump, hanno sferrato il primo attacco militare diretto contro la Siria dall'inizio della crisi sei anni fa. Una svolta maturata in poche ore, nella convinzione del commander in chief che una risposta per l'attacco con armi chimiche attribuito ad Assad non potesse più attendere.

Gli Stati Uniti hanno lanciato 59 missili Tomahawk contro la base aerea di Assad a Shayrat, la stessa da cui sarebbero partiti i jet che martedì hanno scaricato agenti chimici sulla provincia di Idlib, fatali a 80 persone tra cui almeno 30 bambini. «Abbiamo agito nel vitale interesse della sicurezza nazionale per evitare e impedire l'uso di armi chimiche», ha detto il presidente americano Donald Trump. Ira della Russia: «È un'aggressione», ha detto Vladimir Putin. «Gli Usa sono arrivati a un passo dallo scontro con la Russia», ha minacciato il premier Dmitri Medvedev. Il leader siriano Bashar al Assad: «Azione spericolata e irresponsabile, reagiremo». «È la risposta motivata a un crimine di guerra», ha commentato il premier italiano Paolo Gentiloni.

Intanto da Mar-a-Lago, in Florida, dove Trump ha incontrato il leader cinese Xi Jinping, il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, ha annunciato che gli Usa vareranno a breve nuove sanzioni contro la Siria. La tensione tra Casa Bianca e Cremlino è alle stelle. Tanto più che, intervenendo in Consiglio di sicurezza, l'ambasciatrice Usa Nikki Haley è stata chiara: «Siamo pronti a fare di più se si renderà necessario». Mentre da Mosca il ministero della Difesa ha annunciato al Pentagono la chiusura della linea diretta con gli Usa per prevenire incidenti tra aerei russi e
americani nei cieli della Siria.

La ritorsione Usa (da Trump definita «vitale per la sicurezza nazionale») apre adesso diversi scenari, con l'incognita sui prossimi passi e le prossime scelte del presidente americano. Il segretario di Stato Tex Tillerson ha ribadito che il futuro dipenderà dalla reazione della Siria. E gli Stati Uniti stanno verificando anche l'ipotesi che la Russia possa aver avuto un qualche ruolo nell'attacco chimico in Siria. Per Trump il punto di non ritorno lo hanno segnato quelle immagini dell'ennesima atrocità di Assad: «Nessun bambino dovrebbe soffrire così», ha detto parlando alla nazione da Mar-a-Lago dopo l'attacco sferrato poco dopo le 20.30 ora di Washington di giovedì - le 3.30 del mattino a Damasco - con il lancio di 59 missili Tomahawk da due cacciatorpedinieri americani nel Mediterraneo orientale. Obiettivo la base aerea di Shayrat, nel centro del Paese, non lontano dalla città di Homs martoriata da sei anni di guerra. La stessa base da cui, secondo fonti di intelligence, sarebbero partiti i jet di Assad che martedì hanno scaricato agenti chimici sulla provincia di Idlib.

Tutti i 59 missili Cruise hanno centrato gli obiettivi, ha fatto sapere la Casa Bianca: piste, velivoli, punti di
rifornimento. Una «risposta proporzionata», l'ha descritta il Pentagono, che ha «ridotto la capacità del governo siriano di utilizzare armi chimiche». Un attacco «mirato e limitato», di cui Washington aveva preavvertito diversi Paesi, tra cui anche la Russia, circa un'ora prima. Avvertito anche il personale russo presso la base colpita, allo scopo di evitare vittime collaterali. Il bilancio dell'agenzia ufficiale siriana Sana è di 15 morti: 6 soldati e 9 civili, tra cui 4 bambini.

La reazione del Congresso Usa alla decisione del presidente è stata in generale di sostegno, ma si invoca adesso un maggiore coinvolgimento del ramo legislativo per i passi successivi. Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha invocato «moderazione» per «evitare di peggiorare la sofferenza del popolo siriano», ribadendo che non c'è altra via di quella politica alla soluzione della crisi siriana. Ma la voce di Mosca si è alzata anche a Palazzo di Vetro: «L'aggressione Usa in Siria è illegittima e rafforza il terrorismo», ha tuonato il vice ambasciatore russo all'Onu, Vladimir Safronkov.

Uniti, per una volta, anche gli europei nella forte condanna all'uso di armi chimiche. In un comunicato congiunto, il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno sottolineato come «l'intera responsabilità pesi su Assad», auspicando «sanzioni appropriate delle Nazioni Unite» per l'uso delle armi chimiche. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha parlato di «risposta motivata» e «limitata» a un «crimine di guerra», ribadendo l'importanza dell'impegno comune «perché l'Europa contribuisca alla ripresa dei negoziati» con Onu e Russia.

A sostegno dell'azione americana si sono schierati anche i nemici storici del regime di Assad, da Israele all'Arabia
Saudita, alla Turchia di Erdogan. 


 

Ultimo aggiornamento: 19:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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