Esecuzioni nascoste e numeri da record: il rapporto di Amnesty svela le morti segrete in Cina

Martedì 11 Aprile 2017 di Federica Macagnone
Esecuzioni nascoste e numeri da record: il rapporto di Amnesty svela le morti segrete in Cina
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Novecentotrentuno condanne a morte in tre anni, solo 85 delle quali annotate nei registri giudiziari. Esecuzioni segrete, accuratamente celate dal governo di Pechino. È questo ciò che emerge da una ricerca pubblicata insieme al rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte. Mentre per la prima volta dal 2006 gli Stati Uniti non sono più nella lista dei primi cinque Paesi al mondo per numero di esecuzioni capitali, la Cina continua a uccidere in gran segreto, confermandosi al primo posto: nonostante Pechino continui a proclamare i passi avanti fatti in tema di trasparenza, la ricerca mette in luce come le autorità continuino a tenere secretato il numero di esecuzioni.

Secondo Amnesty, centinaia di casi di pena di morte non sono presenti nel registro giudiziario online, pubblicizzato fin dal principio come un “passo avanti decisivo verso l'apertura” e regolarmente citato come prova che il sistema giudiziario cinese non ha nulla da nascondere. In realtà sul registro viene annotato solo un numero esiguo di esecuzioni rispetto a quelle che avvengono ogni anno nel Paese.

Amnesty ha potuto accertare, sulla base di fonti pubbliche cinesi, che tra il 2014 e il 2016 sono state eseguite almeno 931 condanne a morte, solo 85 delle quali sono riportate nel registro. Inoltre, non sono stati trascritti i nomi dei cittadini stranieri condannati a morte per reati di droga, sebbene i mezzi d'informazione locali abbiano dato notizia di almeno 11 casi e siano assenti anche numerose condanne relative a "reati di terrorismo".

«Il governo cinese utilizza dati parziali e fa affermazioni non verificabili per rivendicare progressi nella riduzione del numero delle esecuzioni e, al tempo stesso, mantiene un segreto quasi totale. È un atteggiamento volutamente ingannevole - ha commentato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International - La Cina è una completa anomalia nel panorama mondiale della pena capitale, non in linea con gli standard internazionali e in contrasto con le ripetute richieste delle Nazioni Unite di conoscere il numero delle persone messe a morte».

Stati Uniti. Per la prima volta dal 2006 gli Usa non sono più nella lista dei primi cinque Paesi al mondo per numero di esecuzioni capitali. Le venti condanne a morte eseguite nel corso del 2016 rappresentano il numero più basso dal 1991: meno della metà rispetto al 1996, cinque volte inferiore rispetto al 1999. Fatta eccezione per il 2012, quando è rimasto uguale, il numero delle esecuzioni continua a diminuire di anno in anno dal 2009. Tuttavia, alla fine del 2016 nel braccio della morte si trovavano ancora 2.832 detenuti.

L'anno scorso solo cinque Stati negli Usa hanno eseguito condanne a morte: Alabama (2), Florida (1), Georgia (9), Missouri (1) e Texas (7). L'80 per cento delle esecuzioni ha avuto luogo in due soli Stati: Georgia e Texas. Sono 12 invece, compreso l'Arkansas, gli Stati che mantengono la pena capitale ma che da almeno 10 anni non eseguono condanne a morte. La diminuzione dei casi si deve anche alle dispute legali sui protocolli d'esecuzione e ai ricorsi sull'origine delle sostanze usate nell'iniezione letale. L'esito di questi ricorsi potrebbe però produrre un nuovo picco di esecuzioni, a partire dall'Arkansas che, per il mese di aprile, ne ha previste sette in 10 giorni.
Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 19:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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