Pakistan, si taglia una mano per punirsi: 15enne era stato accusato di blasfemia

Martedì 19 Gennaio 2016 di Federica Macagnone
Pakistan, si taglia una mano per punirsi: 15enne era stato accusato di blasfemia
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Una domanda fraintesa e un gesto estremo di “auto-purificazione”. Anwar Ali, 15 anni, si è tagliato la mano e l'ha data in offerta dopo essere stato additato dall'imam locale Shabir Ahmed come un blasfemo.

La storia arriva dalla cittadina di Hujra Shah Muqeem, nel Punjab, in Pakistan, dove il 10 gennaio alcuni fedeli si erano riuniti in una moschea per innalzare canti e lodi a Maometto. È stato nel corso della preghiera serale che l'imam ha chiesto che alzasse la mano chi non amasse il profeta. Tra il pubblico di fedeli c'era Anwar che, non avendo sentito bene la domanda e fraintendendo la risposta da dare, ha alzato la mano. Il suo braccio che si ergeva alto era l'unico, ma il ragazzo non ha fatto nemmeno in tempo ad abbassarlo che Ahmed si è scagliato contro di lui, additandolo come un blasfemo e ricordandogli che rischiava la morte. A fargli eco, poco dopo, tutti i presenti che hanno continuato a urlargli di essere un infedele. Tornato a casa, probabilmente, Anwar non ha retto la pressione e si è sottoposto a una punizione terribile: ha preso una falce e si è tagliato la mano, la stessa che si era erta tra i fedeli. Poi ha preso l'arto, l'ha riposto su un piatto ed è ritornato alla moschea offrendola all'imam come sacrificio per la “mancata fedeltà” nei confronti del profeta.

L'imam si è dato immediatamente alla fuga ma è stato rintracciato, arrestato dalla polizia prima di essere liberato dopo le proteste di diversi chierici che si erano opposti alla sua cattura. Tuttavia è rimasto poco in libertà dopo che la notizia ha iniziato a rimbalzare sui giornali locali finendo per avere un riscontro mediatico a livello internazionale: Shabir Ahmed è stato condotto in carcere con l'accusa di terrorismo e per prevenire altri episodi di incitamento alla violenza. «Il mullah non ha il diritto di sfruttare le emozioni dei musulmani e testare il loro amore per il profeta – ha detto Sajid Ali, un residente – L'aria che si respirava in quella moschea ha messo sotto pressione il ragazzo che è stato costretto a fare questo passo».

Di diverso avviso è lo stesso Anwar Ali che ha detto di non avere rimpianti e di non essere pentito: «Quello che ho fatto è stato per amore del profeta Maometto» ha detto al New York Times, mentre suo padre, Muhammad Ghafoor, e la famiglia si sono detti contrari all'arresto dell'imam e orgogliosi per il coraggio dimostrato: «Siamo fortunati ad avere un figlio che ama così tanto il profeta Maometto. Per noi ci sarà una ricompensa elargita direttamente da Allah nell'aldilà». Il gesto di Anwar Ali è stato plaudito anche dagli abitanti del villaggio che, come ha raccontato il capo della polizia locale, Nosher Ali, hanno girato un video per festeggiare l'evento. In seguito all'offerta all'imam, la mano del ragazzo è stata sepolta nel cimitero. Il ragazzo, invece, non è stato nemmeno portato in ospedale ma è stato medicato in un centro di soccorso del villaggio. «Agli imam così ignoranti e analfabeti non dovrebbe essere consentito fare discorsi – ha sottolineato Nosher Ali - L'arresto rientra nel piano nazionale che prevede che i discorsi che incitino alla violenza non siano più permessi in questo Paese».

La blasfemia è un tema molto controverso in Pakistan: la legge non definisce in modo circostanziato il problema ma, comunque, prevede che chi la commette venga punito con la pena di morte. Anche se un giudice non ha mai pronunciato una sentenza per blasfemia, spesso l'accusa viene mossa per risolvere problemi e rancori personali all'interno dei villaggi: in molti casi la sola insinuazione ha consentito a folle inferocite di scagliarsi contro persone tacciate di aver insultato l'Islam.
Ultimo aggiornamento: 16:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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