Libia, italiani uccisi: rischio processo per i vertici dell'azienda

Mercoledì 22 Febbraio 2017
Libia, italiani uccisi: rischio processo per i vertici dell'azienda
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Il sequestro in Libia, il 19 luglio 2015, di quattro tecnici della Bonatti sfociato, il 2 marzo successivo, nella morte di due di loro, Salvatore Failla e Fausto Piano, poteva essere evitato se fossero state adottate idonee misure di sicurezza da parte dell'azienda. Di ciò è convinta la procura di Roma che ha chiuso l'inchiesta nei confronti di sei indagati, tutti della società parmense che costruisce impianti oil&gas. Cooperazione colposa nel delitto doloso il reato contestato dal pm Sergio Colaiocco.

L'avviso di chiusura indagine, atto che anticipa la richiesta di rinvio a giudizio, è stato notificato al presidente della Bonatti Paolo Ghirelli, a tre componenti il consiglio di amministrazione, ed al responsabile dell'azienda per la Libia Dennis Morson. Indagata la stessa Bonatti in base alla legge sulla responsabilità degli enti. Secondo la procura i vertici della Bonatti ed il loro rappresentante in Libia avrebbero omesso di adottare tutte le cautele necessarie per evitare che i loro tecnici impegnati nel paese nordafricano fossero esposti alle attenzioni delle bande criminali locali.

I quattro dipendenti furono sequestrati durante il loro trasferimento a Mellitah, zona interna della Libia in cui ci sono cantieri Eni e dove operano i dipendenti della Bonatti.
Contrariamente a quanto avvenuto per altri spostamenti, quello del luglio 2015 avvenne su auto con autista e non via nave dall'isola di Djerba, in Tunisia, secondo quanto previsto dai protocolli depositati presso la Farnesina. Agli indagati si contesta di aver sottovalutato i rischi della situazione in Libia, malgrado la stessa Farnesina avesse suggerito alle aziende italiane di lasciare il paese (l'ambasciata era stata chiusa) o di elevare al massimo le misure di sicurezza.
Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 12:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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