Nuova stretta dei talebani alla libertà della afghane: le autorità al potere a Kabul hanno stabilito oggi un divieto dell'istruzione universitaria alle donne «fino a nuovo ordine». In una lettera a tutte le università governative e private, il ministro dell'Istruzione superiore, Neda Mohammad Nadim, ha perentoriamente scritto: «Siete tutti informati di attuare il citato ordine di sospensione dell'istruzione delle donne». Nadim, ex governatore e comandante militare, nonché esponente della linea dura religiosa, è stato nominato responsabile dell' Università lo scorso ottobre e sin da subito aveva espresso la sua ferma opposizione all'istruzione femminile, definendola non islamica e contraria ai valori afghani.
Per questo, la decisione comunicata oggi purtroppo non rappresenta una sorpresa.
In questo quadro, tre mesi fa migliaia di ragazze e donne avevano potuto sostenere gli esami di ammissione all' università in tutto il paese, anche se nell'ambito di radicali restrizioni sulla scelta dei corsi di studio, con veterinaria, ingegneria, economia e agricoltura vietate, e giornalismo severamente limitato. Senza contare le regole imposte a tutti gli atenei, tra cui aule e ingressi separati per uomini e donne. Di fatto, comunque, solo fumo negli occhi. In un Paese con l'economia in ginocchio, privare le ragazze dell'istruzione secondaria significa tra l'altro una perdita di almeno 500 milioni di dollari l'anno, secondo un'analisi dell'Unicef diffusa lo scorso agosto, 12 mesi dopo la presa del potere da parte dei talebani. Un lusso che l'Afghanistan non potrebbe certo permettersi. Senza contare che gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali condizionano il riconoscimento formale del governo talebano - e quindi gli aiuti e la cooperazione - al miglioramento delle condizioni di libertà femminile.