Le colpe della politica/ Tempo scaduto, cura da cavallo e investimenti. O sarà declino

Venerdì 1 Febbraio 2019 di Paolo Balduzzi
Annunciata dagli osservatori, anticipata dai dati economici, negata a più riprese dal governo ma ora certificata dall’Istat e dal governo stesso: è la recessione, vale a dire la contrazione del prodotto interno lordo per due trimestri di fila. Certo, abbiamo visto periodi peggiori, specialmente tra il 2009 e il 2013. E certo, la flessione è talmente lieve che non deve farci sprofondare nel pessimismo per il futuro. 
Tuttavia, i dati parlano chiaro: dopo aver trascorso gran parte dell’autunno a dibattere se la crescita economica per il 2019 fosse più ragionevole all’1% (come suggerivano molti economisti) o all’1,5% (come invece sosteneva il governo), la cosa più probabile è che per il 2019 partiremo con un dato che potrà essere addirittura negativo. C’è tutto il tempo per recuperare. Ma un conto è provare a mettere una toppa temporanea; un altro è uscirne con una cura che possa mettere al riparo il Paese sia da un vero rallentamento del reddito sia dalla necessità - le cose vanno di pari passo - di interventi correttivi alla manovra di bilancio. 
È bene chiarirlo sin da subito: l’appassionante caccia al colpevole è una sfida degna del miglior libro di Agatha Christie. Il governo attuale accusa quelli precedenti di avere mentito, i governi precedenti si difendono snocciolando cifre e risultati su crescita e occupazione.
utti sembrano avere un alibi ma tutti, verrebbe da dire, hanno anche un movente. E, soprattutto, tutti hanno lasciato le loro impronte digitali su questo delitto. È innegabile che il clima di incertezza degli scorsi mesi abbia gravato in maniera rilevante sulle aspettative di imprese, individui e investitori. 
La paura di tassi di interessi più alti ha penalizzato i programmi di investimento del settore privato, l’instabilità politica ma anche quella delle finanze pubbliche ha favorito un certo dirottamento dei capitali verso l’estero; il contenuto stesso della manovra, è stato ripetuto più e più volte anche dalle colonne di questo giornale, è un inno all’assistenzialismo elettorale e non certo un carburante per la crescita economica. 
Tuttavia, come negare che i redditi nominali in Italia crescano da anni a ritmi tra i più bassi della zona euro? E come negare che i redditi reali, vale a dire il potere d’acquisto dei cittadini, sia in diminuzione da decenni? Insomma, se l’Italia fosse un treno, sarebbe certamente l’“Orient Express”: tutti ugualmente colpevoli. Con una aggravante, però, per chi ha attualmente la responsabilità delle scelte di politica economica, perché a loro spetta il compito di togliere i freni e lanciare la locomotiva il più velocemente possibile.
Quale cura per questo Paese? Due sono gli elementi cruciali. Innanzitutto, i contenuti: rilancio degli investimenti, sia quelli pubblici (quanto dovremo ancora aspettare per sapere se il governo è favorevole o meno alla Tav?) sia quelli privati, da rendere più semplici; incentivazione del lavoro, attraverso lo sviluppo di politiche attive, sgravi fiscali per le aziende, fondi a disposizione dei giovani che vogliano fare impresa; rilancio del Mezzogiorno, in termini di sviluppo economico ma anche di sicurezza sociale.
E poi, i tempi: bisogna fare in fretta. Gennaio ormai è passato, prima che la locomotiva provi a ripartire ci vorranno sicuramente settimane se non mesi. In aggiunta, si sa bene come questo Paese sia caratterizzato da una difficoltà intrinseca quando si tratta di realizzare degli investimenti. Quandanche questi fossero previsti, i tempi della burocrazia, per non parlare di quelli eventuali della giustizia, sono tali per cui i mesi diventano anni e gli anni decenni; e solo una piccola percentuale degli investimenti previsti inizialmente è poi effettivamente realizzata. 
Ci si augura che questo governo abbia le capacità non solo di capire la necessità di politiche orientate al futuro ma anche quello di implementarle. Cosa non fare invece? Non limitarsi certamente a cure temporanee: l’economia ha bisogno di fiducia che, a sua volta, ha bisogno di una prospettiva di medio-lungo periodo. Peggio ancora, pensare che sbloccando la mini clausola di spesa da due miliardi si possano risolvere i problemi: si tratta di vere e proprie noccioline che farebbero solo aumentare la spesa. Infine, non perdere tempo ad accusare gli altri dei propri fallimenti e delle proprie difficoltà: i governi passati, l’Europa, i sempre utilissimi “poteri forti”. La sindrome dell’ “Orient express”, per cui tutti sono colpevoli e quindi non lo è nessuno, è innocua solo nella letteratura e serve giusto a rendere un libro immortale. Al contrario, quando si esce dalla metafora e si parla del Paese, il rischio che sia una sindrome letale è decisamente concreto. 
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