Così si possono tassare anche le tangenti

Venerdì 24 Marzo 2017 di Giovambattista Palumbo*
Una bustarella
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Come emerge dal rapporto annuale delle Fiamme Gialle, appena presentato, 4031 soggetti sono stati denunciati per abuso d’ufficio, peculato, corruzione e concussione. Reati ed altri illeciti scoperti grazie all’eccellente lavoro della Guardia di Finanza, che ha, tra le altre, giustamente focalizzato la propria azione investigativa anche sull’evasione fiscale internazionale e sulle fattispecie a più alto tasso criminogeno, tra cui anche il gioco e le scommesse illegali e il riciclaggio. E giustamente il Comandante Generale della GdF, Giorgio Toschi, fissa gli obiettivi per il 2017, evidenziando come non ci saranno «controlli indiscriminati» sui cittadini ma «interventi mirati», laddove l’obiettivo primario resta «Contrastare e arginare le grandi evasioni, le frodi organizzate e il sommerso».

In tale direzione sarebbe dunque senz’altro utile riprendere e valorizzare un iter normativo incominciato con l’art. 14 della L. 537/93, sull’onda dell’evento “Tangentopoli”: l’inasprimento della tassazione dei proventi illeciti. Nell’ambito della vicenda riconducibile a Tangentopoli era risultato infatti evidente che l'apprestamento di provviste illecite costituiva una realtà ordinaria per molte imprese, che avevano finito per istituzionalizzare il ricorso a fondi neri di provenienza illecita. Il più delle volte, del resto, tale provenienza illecita è costituita da fenomeni di evasione fiscale. Per questo motivo fenomeni di corruzione ed evasione fiscale sono due aspetti intimamente correlati, due facce della stessa medaglia.

L'illiceità penale però non esclude la tassabilità del reddito da essa derivante, essendo il reddito un dato economico e non giuridico. Per chi commette delitti da cui deriva un determinato provento, dunque, non vige alcuna immunità fiscale, anche considerato che il presupposto dell'imposizione è soltanto il possesso di un reddito, indipendentemente dalla sua provenienza; e questo vale sia ai fini delle imposte dirette, che (seppur entro certi limiti) dell'IVA. Tutte le attività illecite, comprese quelle che fruttano miliardi di euro alle varie forme di racket e criminalità organizzata, devono essere quindi perseguite, non solo penalmente, ma anche fiscalmente (con tassazione dei relativi proventi).

I canali di alimentazione e destinazione dei proventi illeciti, del resto, possono essere i più vari. Tra questi, a titolo di mero (e non esaustivo) esempio, tangenti, traffico di droga, estorsioni, usura, racket della prostituzione e abusivismo commerciale. Non basta peraltro, nei casi in cui lo si fa, confiscare i proventi delle attività illecite. Tali proventi infatti possono avere generato nel frattempo altri proventi (anch’essi non dichiarati). E se dunque è lecito presumere che le risorse trovate su conti bancari, laddove non giustificate nella loro provenienza, siano frutto di attività non dichiarate e quindi da sottoporre a tassazione, è lecito anche presumere che i proventi del mercato della droga o della prostituzione abbiano poi generato altri proventi (anche solo sotto forma di interessi o di investimenti in attività commerciali). Le tangenti corrisposte dai "corruttori" ai "corrotti", o, anche, dai "concussori" ai "concussi", del resto, quasi sempre, hanno esse stesse fonte illecita. Conseguentemente, proprio per esempio nel caso della tangente, si porrà il problema del trattamento tributario:
sia della vera e propria "tangente" (fonte di guadagno illecito, non tassato, per colui che la percepisce, il corrotto);
che dei proventi utilizzati da parte del corruttore per il pagamento della tangente;
che dei proventi realizzati grazie alla tangente.

Il comma 4 dell’art. 14 della legge n. 537 del 1993 inserisce dunque i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illeciti, se non già sottoposti a sequestro o confisca penale, tra i redditi rilevanti ai fini delle imposte. Visto però che il disposto normativo è frutto dello stratificarsi di più interventi legislativi nel tempo, a partire dal 1993 (con estrema difficoltà di applicazione, soprattutto sul fronte dei costi illeciti), sarebbe opportuno un intervento definitivo, che evidenzi, con norma chiara ed immediatamente applicabile, la disciplina, sia sostanziale che procedurale (anche ai fini della quantificazione dell’imposta da riprendere a tassazione), in tema di costi e proventi illeciti, armonizzandola peraltro con le norme in tema di doppio binario tributario/penale (in base al quale processo tributario e penale sono autonomi l’uno dall’altro), e sequestro e confisca.

Ciò su cui preme da subito appuntare l’attenzione, è per esempio, la previsione “se non già sottoposti a sequestro o confisca penale”, che implica che, se è già scattato il sequestro o la confisca, la tassazione dei proventi illeciti è preclusa. Il pericolo però è che, nel dubbio se poi, in sede penale si procederà o meno alla confisca, gli accertamenti tributari magari non vengano avviati, confidando nella efficacia dello strumento penale, che però è avviato, a ben vedere, solo in un numero limitato di casi. Oltre a ciò vi è poi anche un altro problema: la tassazione dei proventi illeciti è preclusa anche solo dal sequestro. Il sequestro preventivo però è misura temporanea che può anche decadere. Ma se nel frattempo non si avvia l’azione accertativa, tuttavia, matureranno i termini di decadenza e dunque l’accertamento della maggiore imposta non sarà più possibile.

Per tali motivi sarebbe opportuno distinguere nettamente i due percorsi e gli oggetti delle rispettive procedure, amministrativa e penale, salvaguardando così anche la reale separazione ed autonomia tra procedimento penale e tributario. L’oggetto della confisca dovrebbe infatti attenere al vantaggio di natura economica di diretta ed immediata derivazione causale dal reato presupposto, quali, per esempio, i proventi di una rapina o i proventi dello spaccio di droga, mentre l’oggetto della tassazione potrebbe attenere anche qualsiasi vantaggio indiretto, patrimoniale o non patrimoniale, tratto dal reato. In particolare quest’ultimo potrebbe essere oggetto di specifico accertamento, potendosi per esempio ricomprendere nella fattispecie, laddove non già tassati (e comunque con applicazione della relativa sanzione), gli interessi sui proventi illeciti, i frutti degli investimenti fatti con i proventi illeciti, i proventi ottenuti con gli appalti ottenuti grazie alla tangente le cui risorse derivano da proventi illeciti, gli utili ottenuti grazie alle pratiche di dumping rese possibili da attività di contrabbando etc etc.

Laddove poi il provento illecito sia suscettibile di avere effetti sul principio di libera concorrenza, potendo portare vantaggi competitivi illeciti derivanti dallo sfruttamento delle risorse provenienti da reato, come stabilito anche dalla Corte comunitaria, si dovrebbe procedere anche alla tassazione ai fini Iva. Insomma un vero e proprio “tesoretto” su cui evidentemente sarebbe proficuo appuntare l’attenzione, tassando non più soltanto (come giusto) quanto incassato in nero dall’idraulico, ma anche (altrettanto giustamente) quanto incassato (naturalmente in nero) dallo spacciatore, dallo sfruttatore di prostitute, dall’estorsore, dall’usuraio, dal corrotto (e la lista potrebbe essere quasi infinita). Contestualmente bisognerebbe però anche rafforzare e razionalizzare lo strumento del sequestro e della confisca penale.

La criminalità organizzata realizza infatti ogni anno profitti illegali per miliardi di euro. La maggior parte dei proventi di reato viene infatti investita in beni o attività legali, rendendo più difficile l'azione delle autorità di polizia e giudiziarie per rintracciarli e recuperarli. E solo una piccola percentuale dei profitti illeciti viene confiscata. Sicché, sarebbe opportuno che il legislatore perseguisse la strada maestra di una generale – e non settoriale, come finora avvenuto – estensione dell’istituto della confisca obbligatoria e della effettiva tassazione di tutto ciò che è servito a commettere il reato e di tutte le ricchezze che dal reato sono derivate, rimuovendo gli ostacoli che rendono difficile il contrasto e la tassazione di tali tipi di attività.

*Direttore Osservatorio Politiche Fiscali Eurispes
Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 17:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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