Conti pubblici, Upb: tra il 2011 e il 2016 la spesa per interessi è cresciuta di 46 miliardi

Lunedì 23 Ottobre 2017
Conti pubblici, Upb: tra il 2011 e il 2016 la spesa per interessi è cresciuta di 46 miliardi
La crisi ha comportato nel periodo 2011-2016 una maggior spesa per interessi di circa 47 miliardi,  31 dei quali relativi alla fase acuta e 16 miliardi in quella successiva.
Nel 2016 l'eredità della crisi pesa ancora per circa 7,6 miliardi complessivi. A quantificarlo è l'Ufficio parlamentare di bilancio nella nota «Il modello Upb di analisi e previsione sulla spesa per interessi». L'analisi distingue una fase acuta (luglio 2011 - settembre 2012) da quella immediatamente precedente l'avvio del Qe.  «Quanto è costata all'Italia la crisi del 2011-2012 in termini di maggiori interessi sul debito pubblico? Il nostro Paese ne paga tuttora un prezzo? Che effetti avrebbe sul debito un aumento dei rendimenti dei titoli pubblici?»: sono questi gli interrogativi ai quali prova a rispondere l' Upb attraverso alcune simulazioni e analisi controfattuali rese possibili dallo sviluppo di un nuovo strumento di analisi e previsione che consente di stimare l'impatto dei principali fattori che influenzano la dinamica della spesa per interessi (tassi, composizione delle emissioni, fabbisogno). Fino alla prima decade degli anni Duemila, l'Italia, sottolinea l' Upb, ha beneficiato delle riduzione dei tassi a livello globale e della progressiva convergenza degli spread a livello europeo. Successivamente, in corrispondenza della crisi dei debiti sovrani, i tassi sul debito italiano hanno scontato il maggior rischio-paese. L'intervento della Bce e l'adozione del Quantitative Easing hanno reso possibile una riduzione dei tassi tale da portare a un minimo storico la spesa per interessi sul pil. Oltre a quantificare il peso della crisi in 47 miiardi di maggior spesa per interessi, il modello Upb permette anche di stimare l'impatto di un potenziale incremento del costo del debito sulla spesa per interessi negli anni futuri. Per quantificare gli effetti di un aumento permanente dei rendimenti dei titoli di Stato a partire dal 2018 e per tutto il periodo di previsione del Def, sono stati simulati due differenti shock alternativi sulla curva dei tassi.  Nel primo caso, la sensitività della spesa per interessi è valutata simulando uno shock di 100 punti base su tutta la curva dei rendimenti (a partire da gennaio 2018 e per tutto il periodo di previsione del Def, quindi fino al 2020). La spesa incrementerebbe di circa 1,8 miliardi nel primo anno (+3,4 per cento della spesa), 4,5 miliardi nel secondo (+8,6 per cento) e 6,6 nel 2020 (+12,6 per cento). L'incremento del fabbisogno risultante sarebbe rispettivamente di 0,1, 0,3 e 0,4 punti di pil. La simulazione è stata ripetuta considerando l'impatto di uno shock differenziato lungo la curva dei rendimenti, applicando alla curva dei tassi uno spread analogo alla variazione nel costo all'emissione dei titoli registrata durante la crisi del debito sovrano. L'incremento della spesa sarebbe decisamente superiore rispetto a quanto riscontrato nell'esercizio precedente, contribuendo ad un maggior indebitamento che raggiungerebbe gli 11 miliardi nel 2020 (rispettivamente 0,2, 0,4 e 0,6 punti di Pil). Risulta in ogni caso rilevante, sottolinea l' Upb, la durata dell'esposizione allo shock: se questo risulta prolungato nel tempo, come avvenuto durante la crisi dei debiti sovrani, maggiore è la probabilità che ne derivino incrementi sensibili della spesa per interessi in grado di condizionare il percorso di convergenza verso gli obiettivi previsti dal patto di stabilità europeo.  
Ultimo aggiornamento: 13:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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