Fiat, flop dello sciopero Fiom
alla VM: solo il 17% si ferma

Sabato 22 Marzo 2014 di Diodato Pirone
Una sala prova in uno stabilimento di motori del gruppo Fiat
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CENTO - Ha raccolto poche adesioni (meno del 10% fra tutti i dipendenti e intorno al 17% fra gli operai secondo stime diffuse dalla Fim-Cisl) il primo sciopero indetto dalla Fiom in una fabbrica Fiat da un bel po’ di anni a questa parte.



E’ accaduto a Cento, nell’Emilia rossa, nello stabilimento ex VM Motori acquisito nel 2013 dal Lingotto, per i cui 1.200 dipendenti dal primo aprile è previsto il passaggio dall’attuale contratto Federmeccanica a quello Fiat. “Al di là delle cifre si tratta di un flop. Molti tesserati Fiom non hanno capito lo sciopero indetto a freddo mentre è in corso una trattativa per l’armonizzazione dei due contratti cui la stessa Fiom partecipava ”, ha dichiarato Ferdinando Uliano responsabile Fim per le fabbriche Fiat. Per ora non si registrano dichiarazioni della Fiom (impegnata in una importante assemblea interna a Roma) che alle ultime elezioni aveva conquistato la metà dei delegati sindacali VM.

Ieri era stato il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, a benedire lo sciopero di due ore all’ex VM sostenendo che il contratto Fiat “rappresenta un peggioramento delle condizioni di lavoro e la scelta del Lingotto di imporlo ai lavoratori VM dovrebbe suscitare la preoccupazione delle istituzioni”.



La singolarità dell’intervento di un segretario nazionale per uno sciopero di due ore in una singola fabbrica la dice lunga sull’importanza del “caso ex-VM” che forse merita un supplemento di riflessione. Intanto va detto perché stiamo parlando di una fabbrica-gioiello. Che ha appena assunto 160 persone . Che va a tutto vapore lavorando spesso di domenica per soddisfare la fortissima domanda americana dei suoi prestigiosi propulsori diesel a sei cilindri. Che assicura stipendi operai che fra notturni e straordinari spesso superano i 1.800 euro al mese.



Perché si sciopera allora? A dar retta agli osservatori più attenti, questo episodio di mini-guerriglia sindacale rappresenta la punta emersa di un grosso iceberg perché segnala molte contorsioni tipicamente italiane. Intanto a spiegare l’attenzione di Landini per un episodio in apparenza minore non è solo la storica contrapposizione all’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, uno degli ingredienti che ha fatto del leader sindacale un personaggio popolarissimo di tutti i talk show televisivi. Il fatto è che la trattativa di Cento ha incrociato due eventi importanti di queste ore.



Primo fatto: Fiat nei giorni scorsi ha inviato un segnale fortemente distensivo sul fronte delle relazioni sindacali accettando i contratti di solidarietà a rotazione per i 2.000 lavoratori di Pomigliano che ancora non sono rientrati al 100% nella turnazione della fabbrica campana. E’ la prima volta in Italia che Fiat accetta questo tipo di contratto. Il Lingotto ha accolto una vecchia proposta condivisa da tutti i sindacati, Fim, Uilm, Ugl, Fismic e, su un altro tavolo di trattativa, dalla stessa Fiom. I contratti di solidarietà avvicinano il ritorno al lavoro di tutto il personale di Pomigliano e fanno aumentare di 2/300 euro al mese le buste paga dei lavoratori attualmente in cassa.



Secondo fatto: l’intervento di Landini sulla vertenza VM si inserisce nel rush finale del congresso Cgil fissato per i primi di maggio che vede il leader Fiom, con l’inedita sponda del premier Matteo Renzi, contrapposto al segretario uscente della Cgil Susanna Camusso. E non occorre essere esperti di dinamiche della comunicazione politica per capire che l’alta tensione con la Fiat costituisce un elemento di spinta della campagna “elettoral-congressuale” dello stesso Landini.



Sullo sfondo della vertenza si intravede un terzo elemento di carattere più locale: nella fabbrica ferrarese la Fiom è sempre stato il sindacato più importante. Alle ultime elezioni interne, come detto, Fiom ha raccolto oltre la metà dei consensi e due anni fa l’organizzazione ha appoggiato un referendum indetto dalla direzione aziendale su un accordo che riduceva le pause in alcuni reparti da 63 a 51 minuti (in Fiat sono di 30 minuti) in cambio di nuovi investimenti e di quasi 300 assunzioni in due anni. Un referendum vinto. Ma che vide oltre 250 “no” concentrate in reparti altamente sindacalizzati. Le due ore di sciopero, insomma, nell’ottica Fiom possono essere lette come un strumento di misurazione dei rapporti di forza interni alla fabbrica.



Ma nel caso ex VM c’è molto di più dei “capricci” della politica sindacale. Questa fabbrica rappresenta un caso per certi aspetti paradossale. Assieme alla Maserati di Grugliasco, uno stabilimento chiuso fino a due anni fa dove oggi lavorano oltre duemila persone, quello di Cento è la fabbrica italiana che più d’ogni altro ha beneficiato dei successi della campagna americana di Sergio Marchionne. Nel 2009, anno della bancarotta della vecchia Chrysler che era il principale cliente della VM, da Cento uscirono solo 54 mila motori accompagnati da una montagna di ore cassa integrazione.



Oggi il problema dell’ex VM è l’opposto: la domanda supera la capacità produttiva di motori. Quest’anno saranno sfornati circa 110 mila propulsori che passeranno a 130/140 mila l’anno prossimo quando dovrebbero essere effettuate altre 120 assunzioni sulla base, tra l’altro, di un accordo finanziato dalla Regione Emilia-Romagna. La fabbrica insomma scoppia di salute, può vantare prodotti d’eccellenza (la rivista specializzata Ward’s ha classificato il motore di Cento fra i migliori 10 al mondo) e tecnici e maestranze di primordine, ha linee di produzione robotizzate nuove di zecca e l’anno scorso ha avviato un programma di miglioramento dell’organizzazione del lavoro che ha procurato un aumento della produttività e risparmi per circa 400 mila euro. Si parla infine dell’ex VM come uno dei punti di forza della futura motoristica Alfa Romeo.



Insomma la domanda finale è: ha senso scioperare contro Marchionne anche se Marchionne ha di fatto inserito questo spicchio dell’Emilia nell’occhio del ciclone della grande ripresa dell’industria automobilistica americana? In questo scenario, come dimostra la sorpresa dello scarso successo dello sciopero di ieri, l’ingresso in una multinazionale del calibro di Fiat Chrysler è destinato a cambiare profondamente la rotta dell’iceberg dell’ex VM. Una delle storie più interessanti dell’evoluzione della Fiat in Italia.
Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 13:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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