Statali, 85 euro ma l'accordo slitta. Per i dirigenti arriva la licenziabilità

Venerdì 25 Novembre 2016 di Andrea Bassi
Statali, 85 euro ma l'accordo slitta. Per i dirigenti arriva la licenziabilità

Sembrava fatta. Dopo settimane di incontri, scambi di documenti, limature, si era arrivati ad un accordo condiviso tra governo e sindacati sul rinnovo del contratto degli statali. Ma ieri le cose si sono complicate di nuovo.

Il tavolo si è inceppato su alcune richieste dell'ultima ora da parte dei sindacati sulle quali il governo ha preso tempo per effettuare delle verifiche. Il ministro della funzione pubblica Marianna Madia, aveva aperto l'incontro garantendo a Cgil, Cisl e Uil, la somma che avevano indicato tutti come punto di caduta minimo per siglare un'intesa, ossia un aumento in busta paga di 85 euro lordi mensili. Così nella bozza di verbale di accordo, i tecnici del ministero avevano indicato gli 85 euro come un aumento «medio». I sindacati, invece, hanno chiesto che nel verbale fosse inserito l'inciso «un aumento non inferiore a 85 euro medi». Il governo ha dovuto interrompere l'incontro per chiedere lumi al ministero dell'Economia.

Il dubbio, espresso dalla Ragioneria dello Stato, è che scrivere «non inferiore» non permetterebbe di individuare un costo preciso per le casse dello Stato e, dunque, le necessarie coperture economiche. Il ministro Madia, comunque, ha deciso di trattare «ad oltranza», fino a quando non sarà trovata una quadra. I sindacati hanno atteso un segnale fino alla tarda sera di ieri. Il delegato della Uil, Antonio Foccillo, ha detto di essere pronto ad andare avanti in qualsiasi momento. Maurizio Bernava della Cisl, ha chiesto alla Madia di fare in fretta e non vanificare il buon lavoro fatto. Eppure le premesse sembravano esserci.

All'inizio dell'incontro il ministro aveva messo in evidenza quattro aspetti: il primo, quello di una riforma fatta insieme ai lavoratori del pubblico impiego; il secondo, l'impegno sulle risorse; il terzo, il superamento di una logica punitiva e ideologica; e, infine, la messa a punto di obiettivi trasparenti e misurabili per aiutare a valorizzare il pubblico impiego. L'intenzione era quella di convocare per oggi i segretari generali delle tre sigle per firmare il verbale d'intesa. Obiettivo ormai saltato. Le richieste di modifica alla bozza di accordo sono arrivate soprattutto dalla Cgil, che ha chiesto tra le altre cose di esplicitare chiaramente da subito quali sono le risorse a disposizione per il 2017 e per il 2018, per ora relegate in un fondo unico da 1,9 miliardi ma che servirà a finanziare anche altro, come le assunzioni nel pubblico impiego e la stabilizzazione del bonus da 80 euro per le forze dell'ordine.

L'APPROVAZIONE
Ieri è stato anche il giorno in cui il consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo a cinque decreti attuativi della riforma Madia. Si tratta dei provvedimenti sulla dirigenza, sui servizi locali, sulle camere di commercio, sulla Scia, ed enti di ricerca. Il primo dei cinque decreti, quello sui dirigenti, era sicuramente il più atteso. Nella sua versione finale, il provvedimento è stato ammorbidito in diversi punti. Innanzitutto il ruolo unico entrerà in vigore solo dopo 18 mesi. I dirigenti revocati dagli incarichi saranno licenziabili se entro un anno non troveranno un altro posizionamento. Ma resteranno nei ruoli se si metteranno in aspettativa per svolgere lavori nel settore privato o in quello pubblico. Gli incarichi rimangono a termine. Dureranno quattro anni rinnovabili una volta al massimo per altri due anni. Alla scadenza, chi rimane senza incarico, dopo un anno ne potrà ricevere uno d'ufficio senza necessità di partecipare agli interpelli. I senza incarico avranno comunque diritto alla retribuzione fissa, mentre è stato eliminato il taglio del 30% dopo due anni fuori dai ranghi. Anzi, se entro 24 mesi non troveranno una nuova collocazione, verranno collocati d'ufficio dove c'è disponibilità di posti. Garanzie più solide arrivano anche per l'alta dirigenza. Chi è nella cosiddetta prima fascia in servizio alla data di entrata in vigore della riforma dello Stato avrà diritto «fino ad esaurimento» ad «un incarico dirigenziale di livello generale». Cambia, infine, la commissione che conferirà gli incarichi. Passerà da sette a nove membri, con l'ingresso di dirigenti pubblici che dovranno essere nominati con un voto a maggioranza di due terzi in Parlamento.

 

Ultimo aggiornamento: 15:47