Riforma contratti, è scontro. Squinzi boccia i sindacati

Venerdì 15 Gennaio 2016 di Giusy Franzese
Riforma contratti, è scontro. Squinzi boccia i sindacati
È già scontro. Il “moderno sistema di relazioni industriali” con la riforma del modello di contrattazione disegnato nel documento approvato ieri da Cgil Cisl e Uil, non piace nemmeno un po' a Confindustria. Il presidente Giorgio Squinzi lo boccia senza appello, e i leader sindacali replicano a muso duro.

«È una foto sbiadita», «una proposta già superata dai contratti di categoria» chiusi recentemente, attacca Squinzi, che contrappone le proposte delle imprese attualmente ai tavoli di rinnovo (metalmeccanici e alimentaristi, in primo luogo) «anni luce più innovative». I sindacati - ribadisce il numero uno degli industriali - «si stanno muovendo col passo del gambero. Sono stati buttati 6 mesi da quando li avevo invitati al tavolo». Parole che risuonano con grande eco nel parlamentino delle tre organizzazioni sindacali riunito proprio per approvare il documento, facendo irritare non poco i leader. Il più duro è il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: «La nostra una proposta vecchia? Forse Squinzi si è guardato allo specchio». Poco dopo preciserà: «Non mi riferivo alla persona del presidente di Confindustria ma a una parte del sistema che rappresenta. Anche se cercano di apparire giovani e innovativi, in molti di loro hanno in testa sempre lo stesso obiettivo di corto respiro: massimizzare i profitti tagliando i salari». Ferma anche la replica del numero uno Cgil, Susanna Camusso: «È il modello di riforma contrattuale di Confindustria ad essere vecchio come il mondo. La cosa più vecchia che c'è è sostenere il primato e il dominio dell'impresa». La Cisl invece sceglie il ruolo di pompiere. «Oggi non può essere oggi il giorno delle polemiche» dice il segretario confederale Gigi Petteni, delegato dalla leader Annamaria Furlan a seguire passo passo l'elaborazione del documento unitario. Petteni invita tutti, imprese e sindacati, a «confrontarsi con grande responsabilità», «superando le divisioni che possono esserci in casa di ciascuno» e dando «un segnale nuovo e positivo al Paese».

I PUNTI
Il documento sindacale - che sarà inviato anche al governo, in quando datore di lavoro dei pubblici dipendenti - affronta i tre pilastri delle relazioni industriali: contrattazione, partecipazione, rappresentanza. I livelli contrattuali restano due. Quello nazionale di categoria viene rafforzato nella funzione di «regolatore salariale»: non più solo salvaguardia del potere d'acquisto dall'inflazione (parametro di riferimento da sostituire - o affiancare - con altre variabili macroeconomiche) ma strumento per «distribuire aumenti» in modo da «contribuire all'espansione della domanda interna». Il secondo livello dove concordare ulteriori aumenti legati alla produttività è quello aziendale o in alternativa territoriale, di distretto, sito e filiera. I contratti, la cui durati secondo i sindacati dovrebbe tornare quadriennale, conteranno anche deroghe al Jobs act su licenziamenti individuali e collettivi, demansionamento, controlli a distanza, liberalizzazione dei contratti a termine. «In alternativa all'ipotesi del salario minimo legale», unico punto della delega sul Jobs act non esercitato per ora dal governo (ma che Renzi è pronto a riprendere in mano se le parti non trovano un accordo) Cgil, Cisl e Uil chiedono «l'esigibilità universale» dei minimi salariali definiti dai contratti nazionali, da sancire attraverso «un intervento legislativo di sostegno, che definisca l'erga omnes dei Ccnl», dando attuazione all'articolo 39 della Costituzione. Tre le aree individuate per il capitolo partecipazione dei lavoratori ai risultati aziendali: governance, organizzativa, economica-finanziaria. Sulla rappresentanza si rimanda al Testo unico già firmato con Confindustria e successivamente con Confservizi, Cooperative e Confcommercio.

 
Ultimo aggiornamento: 18:30