Reddito cittadinanza, ecco il piano di Tria per finanziarlo: «Ma attenti alle risorse»

Mercoledì 18 Luglio 2018 di Andrea Bassi
Reddito di cittadinanza, ecco il piano di Tria per finanziarlo: «Ma attenti alle risorse»

Sul reddito di cittadinanza il cantiere, ma forse sarebbe meglio dire i cantieri, sono partiti. Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ha messo al lavoro i suoi tecnici per trovare una via «sostenibile per i conti pubblici», per attuare la principale promessa elettorale del Movimento Cinque Stelle. Un progetto sul quale, ovviamente, si muovono anche i collaboratori del ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio. Due vagoni che primo o poi dovranno convergere. A via XX settembre, nelle prime riunioni tecniche, qualche indicazione è emersa. La linea è quella illustrata ieri dallo stesso ministro Tria durante la sua audizione in Senato. Il punto sostanziale dettato dal ministro dell'Economia è che il reddito di cittadinanza non avrà costi, perché sarà finanziato con «strumenti di welfare già esistenti».

Fino ad oggi era dato per scontato che l'assegno di 780 euro al mese promesso dal Movimento Cinque Stelle, sarebbe stato in parte pagato attingendo alle risorse del Rei, il reddito di inclusione finanziato dal precedente governo con circa 3 miliardi di euro e che dall'inizio del mese è diventato un sussidio di povertà universale, anche se contenuto più negli importi. Insomma, il reddito di cittadinanza visto come aiuto ai poveri, si potrebbe facilmente inserire sulla struttura del Rei, potenziandola. In realtà il progetto grillino starebbe cambiando forma per modellarlo alle richieste dell'alleato leghista, che non vuole un sussidio ma uno strumento che traghetti chi è in difficoltà verso un'occupazione. Proprio partendo da questo assunto, a via XX settembre starebbero studiando la possibilità di allargare il campo delle misure attuali di sostegno al reddito da inglobare nel progetto anche alla Naspi, l'assegno di disoccupazione. Il progetto farebbe in questo modo un salto di qualità.

LA STRUTTURA
La Naspi impiega già svariati miliardi di euro finanziati su base assicurativa, e ha una struttura che potrebbe adattarsi a un reddito di cittadinanza collegato a politiche attive per il reimpiego. Già oggi chi riceve la Naspi, per esempio, non può rifiutare una proposta di lavoro ritenuta «congrua». Ci sarebbe poi un ulteriore corollario. In questo modo si potrebbe attingere in parte ai fondi europei come spiegato nei giorni scorsi dal ministro delle Politiche Comunitarie Paolo Savona. L'uso dei fondi strutturali comunitari non è consentito per le cosiddette «politiche passive», quelle che cioè hanno il solo scopo di dare un reddito. I fondi, però, possono essere usati per le «politiche attive», dei progetti strutturali per favorire l'accesso al mercato del lavoro. Con la Naspi questo passaggio sarebbe possibile. In gioco potrebbe tornare anche l'assegno di ricollocazione, i soldi che il disoccupato poteva spendere con un'agenzia privata e che potrebbero essere reindirizzati verso i Centri per l'impiego. Per ora sono solo ipotesi allo studio. I tecnici del ministero vogliono andarci con i piedi di piombo.

Qualsiasi provvedimento sarà messo in piedi, sia che si tratti di una legge delega che di un collegato alla manovra di bilancio, dovrà essere una riforma complessiva del sistema e avrà bisogno di tempo per essere elaborato.

Non si vuole correre il rischio Fornero, quando la riforma delle pensioni fu fatta in una settimana e a tutti sfuggì di vista e di mano la questione degli esodati. Rischi ci sono anche nel sostituire la Naspi con il Reddito di cittadinanza. La prima oggi è parametrata al reddito del disoccupato e arriva fino a 1.300 euro. Il Reddito è di 780 euro con una scala di incremento a seconda della situazione familiare. Non è un gioco a somma zero. Va capito bene chi vince e chi perde.

Ultimo aggiornamento: 13:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA