Manovra, più fondi per il «reddito» e le nuove pensioni

Sabato 15 Settembre 2018 di Luca Cifoni
Manovra, più fondi per il «reddito» e le nuove pensioni

Potrebbe crescere la “dote” a disposizione dei partiti in vista della legge di Bilancio. E pare quindi destinato a lievitare anche l’importo complessivo della manovra che il governo deve approvare entro il 20 ottobre. Se ancora pochi giorni fa Lega e Movimento Cinque Stelle ragionavano su un importo di cinque miliardi ciascuno, da utilizzare per le proprie misure di bandiera, ora si ipotizza almeno a livello politico una disponibilità ben maggiore e vicina agli otto miliardi, che nel caso del reddito di cittadinanza voluto dai pentastellati potrebbe forse salire a 9. Insomma le due formazioni politiche della maggioranza puntano a gestire direttamente, nel complesso circa un punto di Pil. Soldi che sommati ai 12,5 miliardi necessari per scongiurare l’aumento dell’Iva portano le dimensioni totali dell’intervento in prossimità dei 30 miliardi; ma questa soglia potrebbe essere facilmente superata, visto che oltre ai provvedimenti contenuti nel programma elettorale ci sono proroghe o rifinanziamenti che per vari motivi non possono essere evitati, ed altre norme non direttamente “intestabili” a una o all’altra parte della maggioranza. Tra le altre cose il governo dovrà decidere in che misura finanziare i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici e il piano di assunzioni appena annunciato dal ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno.

LE RICHIESTE
Naturalmente tutte le richieste dovranno tener conto della volontà enunciata dal ministro Tria di far segnare quest’anno almeno un piccolo miglioramento del saldo strutturale di bilancio, pur rinunciando agli obiettivi che erano stati fissati per il 2019 dal governo Gentiloni. Questo traguardo non sarebbe centrato se, come vuole una parte consistente della maggioranza, il rapporto tra deficit e Pil dovesse essere lasciato salire al 2,2 per cento, oltre mezzo punto il valore di riferimento immaginato dal responsabile dell’Economia: la possibilità di incrementare il disavanzo permetterebbe di non prevedere puntuali coperture finanziarie per una buona parte degli interventi. Gli spazi di trattativa con la commissione europea sono però ristretti ed è per questo che nelle ultime ore sta emergendo l’ipotesi di accantonare il progettato ritocco verso il basso della prima aliquota Irpef. Portarla dal 23 al 22 per cento si tradurrebbe in un alleggerimento di 150 euro l’anno per tutti i contribuenti al di sopra dei 15 mila euro di imponibile e in un risparmio via via minore per coloro che non raggiungono questa soglia. 

CIFRE ESIGUE
Da un certo punto di vista, ciò potrebbe rappresentare un primo “assaggio” di riforma Irpef ma allo stesso tempo, visto che si tratta di una cifra tutto abbastanza esigua, la mossa potrebbe risultare controproducente. L’alternativa è concentrare tutte le risorse sull’estensione del regime forfettario per le partite Iva e sull’aliquota Ires agevolata per le imprese che investono, mentre persone fisiche e famiglie attenderebbero il 2020 per vedere benefici fiscali diretti.
Sullo sfondo resta la competizione interna tra Lega e Movimento Cinque Stelle, con quest’ultimo impegnato a spingere a tutti i costi il reddito di cittadinanza che in una prima fase - come specificato dalla sottosegretaria all’Economia Laura Castelli - potrebbe essere concentrato sugli anziani sotto forma di incremento delle pensioni minime. Per quanto riguarda il Carroccio invece l’obiettivo numero uno è a questo punto la riduzione a 62 anni dell’età per la pensione anticipata, con il meccanismo di quota 100, mentre il traguardo della flat tax è stato decisamente spostato in avanti.
 

Ultimo aggiornamento: 16:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA