Bankitalia, via Nazionale compatta fa quadrato su Visco

Domenica 22 Ottobre 2017 di Osvaldo De Paolini
Ignazio Visco, Governatore della Banca d'Italia, durante la conferenza stampa "Ricordo di Federico Caff?" all'interno della sede SIOI, Roma, 18 ottobre 2017. Foto Ansa
Sorpresa, per non dire sconcerto. Sono queste le sensazioni che si colgono a Via Nazionale di fronte alle ipotesi circolate nelle ultime ore sulla scelta del futuro governatore. L'idea di una rosa interna nella quale individuare il nome da proporre appare poco comprensibile, innanzitutto per considerazioni che rimandano all'attuale assetto della banca centrale. La riforma del 2005, cancellando la figura del governatore a vita, ha anche modellato un vertice di tipo collegiale.

Del direttorio fanno parte cinque persone (non più quattro) che hanno un voto ciascuno. L'ipotesi di un voto prevalente del governatore in caso di parità è piuttosto residuale e di fatto non si è concretizzata in questi anni. Dunque, le scelte operate da Visco su tutte le delicate questioni bancarie sono anche del direttorio: per cui non confermarlo rimproverandogli quelle stesse scelte e indicare un altro membro del vertice per la successione sarebbe una mossa non particolarmente logica.

All'interno della banca è ben visibile la dimensione internazionale della questione, che certamente non sfugge nemmeno a Palazzo Chigi e al Quirinale. C'è un problema di reputazione personale, di cui certamente Ignazio Visco gode; che però è anche reputazione del Paese. Come sarebbe vista sui mercati e nelle cancellerie una sua sostituzione? Il governatore di Bankitalia è l'unico italiano che oltre a Mario Draghi siede nel Consiglio direttivo della Bce e c'è il rischio di indebolirlo proprio quando il Single Supervisory Mechanism ha annunciato nuove regole sulla gestione dei crediti in sofferenza che potrebbero risultare particolarmente onerose per le banche del Paese.

Se poi il discorso si sposta sulle conseguenze di quanto accaduto in questi giorni, allora è innegabile che la bagarre non abbia giovato; ma non sarebbe giusto concludere che Visco si trovi nella condizione dell'anatra zoppa. E anche le speculazioni su un possibile mandato ridotto, di un avvicendamento dopo 2-3 anni (un po' sul modello Duisenberg-Trichet alla Bce nel 2003), lasciano il tempo che trovano. Una scelta del genere non potrebbe che essere strettamente personale: impossibile predeterminarla ex ante. Infine va messo nel conto l'atteggiamento della Banca d'Italia nel suo insieme.

A differenza di quanto avvenne ai tempi di Antonio Fazio, il personale si è schierato in modo compatto con il governatore, come testimoniano le prese di posizione di tutti i sindacati a partire dal Sindirettivo-Cida, l'organizzazione più rappresentativa dei funzionari e dirigenti. La struttura ha naturalmente continuato a lavorare as usual, ma ha vissuto quanto accaduto martedì scorso (non solo la mozione del Pd ma anche le altre) come un atto grave d'ingerenza della politica in un'attività demandata esclusivamente, per ragioni imprescindibili, alle più alte cariche istituzionali. Se l'attività di Vigilanza merita censure per gli accadimenti di questi anni, ebbene il luogo deputato per un corretto confronto è la Commissione d'inchiesta che proprio il Pd di Renzi ha fortemente voluto; ma per nessuna ragione, si sostiene in Via Nazionale, è ammissibile che si provi a nominare il governatore della banca centrale attraverso una mozione parlamentare.

Sarebbe il modo più diretto per violare in via definitiva il principio di autonomia e indipendenza sul quale fonda la sua ragion d'essere la Banca d'Italia. Per questo nelle ore di maggior tensione, ai piani alti di Palazzo Koch per qualche istante è balenata un'eventualità tragica solo a concepirla: quella di dimissioni in massa del direttorio. Dimissioni che avrebbero lasciato l'Istituto centrale sguarnito nell'organo più delicato, arrecando grave pregiudizio al Paese con un colpo alla sua immagine non facilmente recuperabile.
 
Ultimo aggiornamento: 16:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA