Banche, la società pubblica potrebbe entrare nei cda

Venerdì 1 Luglio 2016 di Rosario Dimito
Banche, la società pubblica potrebbe entrare nei cda
La società pubblica a tutela del risparmio nell'accezione di interesse generale, può migliorare gli assetti delle banche dove mette i soldi. E siccome c'è grande attenzione in Bce verso la qualità della governance - vedi le interviste che saranno fatte ai nuovi consiglieri della nuova banca che uscirà dalla fusione tra Banco Popolare e Bpm per accertarne il possesso dei requisiti - il governo italiano potrebbe offrire a Bruxelles l'opzione di integrare i cda degli istituti beneficiari dell'intervento statale, con professionisti esterni indicati dalla «società di supporto».

Questa sarebbe una delle evoluzioni maturate al tavolo di Palazzo Chigi, Tesoro, Bankitalia e da ieri allargato anche alla Farnesina, che sta elaborando il dossier per cercare di spuntare dalle Autorità europee il benestare alla deroga agli aiuti di Stato nel caso, per l'avvitamento dei mercati post Brexit, fosse necessario partecipare alle ricapitalizzazioni degli istituti da parte della Sieg, la società pubblica di interesse generale.

Sarebbe coinvolta anche la Cdp su un piano che punta a sfruttare le norme del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) che disciplina i settori di interesse per la collettività (energia, trasporti, gas) tra i quali si vorrebbe far rientrare il risparmio. L'intervento pubblico potrebbe avvenire sotto forma di garanzia, più o meno sulla falsariga di quella prestata da Atlante nelle ricapitalizzazioni di Popolare Vicenza e Veneto Banca, le cui operazioni di mercato sono andate a vuoto: da ieri Quaestio ha acquisito il 97% di Montebelluna. La società di supporto potrebbe garantire il 50% dell'aumento quasi certo di Unicredit e quelli possibili di Mps e Carige, non in agenda.

 

Il rischio di un fallimento di mercato dei nuovi aumenti che dovessero rendersi necessari, farebbe scattare l'allert sull'opportunità di proteggere il risparmio. Sul tavolo di governo e Bankitalia ci sono poi altre ipotesi, a cominciare dai Padoan bond, mutuando gli strumenti finanziari emessi come i Tremonti bond e Monti bond e l'allargamento di Atlante. I Tremonti bond furono lanciati nel 2009 per 4,05 miliardi a favore di Banco Popolare (1,450 miliardi), Bpm (500 milioni), Mps (1,9 miliardi), CreVal (200 milioni). Tutti furono restituiti salvo Siena che nel 2013 aumentò questi bond speciali, ribattezzati Monti bond, a 4,05 miliardi, di cui a luglio 2015 ha rimborsato l'ultima tranche da 1,071 miliardi del capitale e, oggi, dovrebbe estinguere cash gli interessi per 50 milioni. Non sembra proponibile invece l'allargamento di Atlante ad altri soggetti come le Casse di previdenza: fonti del comitato degli investitori escludono queste eventualità, mentre la creazione di una costola per gli npl era prevista dall'inizio (si veda Il Messaggero del 13 aprile).

Ieri il tavolo governativo sarebbe andato avanti nelle valutazioni focalizzandosi sull'ipotesi di proporre alla tecnostruttura Ue la possibilità di intervenire nella governance con l'indicazione di figure munite di particolari requisiti di professionalità. L'ingegneria economico-finanziaria può spaziare fino prevedere albi speciali vidimati da Ue e Bce nei quali attingere tutte le volte che una banca viene rafforzata dalla Sieg. Ma i ragionamenti, pur proseguendo, offrono poche chance di concretizzarsi: i segnali che si percepiscono da Bruxelles sarebbero infatti negativi anche in relazione a possibili modifiche del bail-in.
 
Ultimo aggiornamento: 08:32