La Bce e l'Ue lanciano un avvertimento al governo, con Mario Draghi che invita l'Italia a non contare sulla Bce per «finanziare il deficit» e dice di aspettare la manovra dopo tante dichiarazioni che «hanno fatto alcuni danni». E Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari economici, che definisce l'Italia «problema» per l'Eurozona, con parole sui «piccoli Mussolini» populisti in Europa che innescano una replica durissima dai vicepremier Luigi Di Maio («non si devono permettere») e Matteo Salvini («si sciacqui la bocca»).
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Tutto verte attorno al tentativo del governo di ottenere margini di deficit, cui Bruxelles e Francoforte rispondono con qualche apertura ma anche ergendo un muro di contenimento. Ma il fatto che sullo sfondo ci sia il voto alle europee da un lato contribuisce ad alzare i toni, dall'altro racconta che in Europa si sta delineando una strategia: impedire che l'Italia, sul tema dei migranti e delle regole di bilancio, possa ergersi a campione dell'ondata 'populistà che vuole spazzare via l'establishment, arrivando al voto di maggio forte di ampie concessioni dopo aver forzato la mano. Una 'linea rossà come quella emersa dal voto, ieri all'Europarlamento, sulle sanzioni al governo ungherese di Viktor Orbàn. Inevitabile che Draghi sia in prima linea. Non è un segreto, fra le retrovie della maggioranza, che la forzatura sui conti pubblici punti a far leva sulla garanzia data dalla potenza di fuoco della Bce, dal 'quantitative easing' in grado di placare i mercati.
Draghi lo sa bene.