Pensioni, ecco i tagli: tra assegni alti e scatti, si punta a risparmiare un miliardo di euro

Sabato 15 Dicembre 2018 di Andrea Bassi
Pensioni, ecco i tagli: tra assegni alti e scatti, si punta a risparmiare un miliardo di euro
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Sul tavolo della trattativa con la Commissione europea, il governo italiano cala anche la carta dei tagli alle pensioni alte e il blocco parziale dell'adeguamento all'inflazione degli assegni. L'intenzione è quella di dimostrare che nel capitolo previdenziale, accanto allo scivolo di «Quota 100», con il pensionamento anticipato per tre anni di chi ha raggiunto i 62 anni di età e ha versato contributi per 38 anni, ci sono anche dei risparmi. L'obiettivo sarebbe di un risparmio, a regime, di un miliardo all'anno.

Un valore elevato, per raggiungere il quale ci sarebbe allo studio anche l'erogazione delle pensioni sociali solo a chi ha un Isee sotto una certa soglia, probabilmente i 9.360 euro indicati anche per il Reddito e le pensioni di cittadinanza. Sulle pensioni alte, ieri il capogruppo del Movimento Cinque Stelle, ha presentato un emendamento per tagliare del 10% quelle tra 90 mila e 130 mila euro, del 20% quelle tra 130 mila e 200 mila euro, del 25% quelle tra 200 e 350 mila euro, del 30% quelle tra 350 e 500 mila euro e del 40% quelle oltre i 500 mila euro.

GLI ATTRITI
Il contributo di solidarietà, secondo l'emendamento grillino, dovrebbe restare in vigore per cinque anni. Dalla Lega, però, è arrivato immediatamente uno stop. Su quel testo, hanno fatto sapere fonti del Carroccio, non c'è ancora l'intesa. Gli scaglioni, secondo i leghisti, andrebbero rivisti e il contributo dovrebbe essere applicato solo sulla parte eccedente i contributi effettivamente versati. Da un punto di vista del gettito, tuttavia, la misura sarebbe solo una bandiera, perché, secondo fonti del governo, non porterebbe nelle casse più di 150 milioni di euro.

Una misura più incisiva riguarda invece l'adeguamento parziale di tutte le pensioni, non solo quelle alte, all'inflazione. Ieri ai tavoli tecnici si è discusso di uno schema che, almeno in parte, ripropone quello introdotto dal governo Letta. L'adeguamento totale all'inflazione ci sarebbe soltanto per gli assegni fino a tre volte il minimo (circa 1.500 euro mensili). Tra tre e quattro volte il minimo l'adeguamento sarebbe ridotto al 95%, mentre per gli assegni da quattro a cinque volte il minimo (fino cioè a circa 2.500 euro), la perequazione sarebbe all'80%. Scenderebbe poi al 60% per lepensioni fino a sei volte il minimo, per calare ancora, fino al 50%, per quelle superiori a 3 mila euro mensili. Il ministro del lavoro, Luigi Di Maio, ha chiesto anche che gli assegni superiori a 4.500 euro mensili non abbiano nessun adeguamento all'inflazione. Una proposta in via di valutazione.

LA POLEMICA
Ieri sul tema della riforma previdenziale, c'è stata una dura polemica del presidente dell'Inps Tito Boeri. «Forti», ha detto il numero uno dell'Istituto di previdenza, «saranno sempre le pressioni per modificare le valutazioni rendendo le previsioni sui costi di certe norme compatibili coi vincoli di bilancio. A queste pressioni», ha proseguito, «non dobbiamo cedere come non abbiamo ceduto di un millimetro negli ultimi mesi di fronte ad attacchi anche molto diretti e pesanti».

Per Boeri «l'autonomia del coordinamento statistico attuariale e del centro studi va tutelata.

Non possono certo essere ambiti soggetti allo spoils system». Intervenendo alle celebrazioni per i 120 anni dell'Inps, Boeri ha anche detto che «a pochi giorni dalla data ultima per l'approvazione della Legge di Bilancio senza finire in esercizio provvisorio, dopo mesi in cui sono state annunciate - e confermate a parole - riforme estremamente ambiziose del nostro stato sociale, noi non sappiamo ancora nulla su cosa accadrà alle pensioni degli italiani e cosa ne sarà del reddito di cittadinanza nel 2019».

Ultimo aggiornamento: 11:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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