I veneti illustri di Dalmazia: la scoperta fatta negli archivi dalla caparbia studiosa

Mercoledì 23 Gennaio 2019
I veneti illustri di Dalmazia: la scoperta fatta negli archivi dalla caparbia studiosa
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Da Niccolò Tommaseo al vescovo Marco Antonio de Dominis fino alle imprese di D'Annunzio sulla città di Fiume Viaggio negli archivi di Spalato, Zara, Sebenico e Ragusa alla scoperta degli oltre cento fondi delle famiglie italiane La studiosa Valentina Petaros: «Molto materiale è inedito e per ricostruire le vicende risalgo fino al XIII secolo».

Non finiscono mai le scoperte negli archivi della Dalmazia. Adesso tocca ai fondi delle famiglie venete, oltre un centinaio, sparsi tra le principali città della costa: Spalato, Zara, Sebenico, Ragusa (Split, Zadar, Sibenik, Dubrovnik) e alcune isole, come Curzola e Lesina (Korcula, Hvar). La ricerca, finanziata dalla Lega nazionale di Trieste, è condotta da Valentina Petaros Jeromela, filologa e archivista free lance di Capodistria (Koper) che alcuni anni fa aveva già inventariato i fondi in lingua italiana presenti negli archivi croati, nell'ambito di un progetto dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia. Il punto sta proprio nella lingua: per leggere i documenti bisogna sapere l'italiano, per compulsare gli inventari, che in alcuni casi già esistono, si deve conoscere il croato (o lo  sloveno nel caso di Capodistria). In questo modo la stragrande maggioranza degli studiosi rimane tagliata fuori: gli italiani non sanno il croato, i croati non sanno l'italiano. Il lavoro di Petaros, che conosce questi idiomi, è proprio quello di compilare inventari in italiano, in modo che gli studiosi conoscano quel che c'è al di là dell'Adriatico e possano studiare i documenti. Tra l'altro la studiosa capodistriana grazie alle sue ricerche ha appena pubblicato un libro con le triestine edizioni Luglio: 1918-1921. Fuoco sotto elezioni. Gli incidenti di Spalato, Trieste e Maresego. Il progetto Fondi delle famiglie venete in Dalmazia è partito da un preventivo di 58 fondi familiari, mentre ormai sono già arrivati a 108.
L'ESPERTA«Moltissimi di questi, più della metà, sono inediti - spiega Petaros - ciò significa che devo leggere documenti risalenti anche al secolo XIII per raccogliere informazioni utili sulla famiglia in questione. Negli archivi di appartenenza questa documentazione è trascurata poiché si tratta di documentazione non ordinata e, molto spesso, il personale non conosce la lingua italiana o il latino». Nell'archivio di Sebenico si conservano le carte del figlio più illustre della città: Niccolò Tommaseo. Sono conservate le carte che riguardano la sua famiglia, soprattutto i registri del negozio-emporio tenuti dal padre Girolamo, le bolle d'imbarco delle merci nelle navi della Cosulich, i cartoncini con i campioni di tessuti di lana e cotone. Si possono leggere anche le lettere scritte a Niccolò dalla madre Caterina Chevessich (di etnia croata, infatti Tommaseo era bilingue e ha scritto le Iskrice nella lingua materna), mentre le risposte dello scrittore-patriota sono andate perdute.
A Zara si ritrovano le carte della famiglia Dominis, originaria dell'isola di Arbe (Rab). L'esponente più illustre è senz'altro Marco Antonio de Dominis, vescovo dell'isola e metropolita della Dalmazia: fu il primo a capire, nel 1611, che l'arcobaleno era un fenomeno ottico, come gli riconoscerà anche Isaac Newton nel Libro primo dell'Ottica: «Si è attualmente d'accordo che l'arcobaleno è un effetto della rifrazione della luce del sole nelle gocce della pioggia cadente. Ciò fu capito da qualcuno degli antichi e di recente riscoperto e meglio spiegato dal famoso Antonio de Dominis. Egli insegna infatti che l'interno dell'arcobaleno è prodotto nelle rotonde gocce di pioggia da due rifrazioni del sole e da una riflessione di esse». Purtroppo il libro che il vescovo aveva scritto, De radiis visus ac lucis è finito bruciato assieme al suo cadavere perché il religioso era fuggito a Londra dove aveva curato l'edizione inglese della Istoria del concilio tridentino, di Paolo Sarpi. Tornato a Roma, muore nel 1624 e tutto finisce in un gran rogo a Campo de' Fiori. 
I FONDI INEDITI«L'archivio che più di tutti mi ha sorpreso», osserva Valentina Petaros, «è stato quello di Ragusa (Dubrovnik), che non ha alcun accesso dati online. Sebbene sia stato il soggiorno più breve perché pensavo di trovare un fondo solo (famiglia Arneri), mi sono trovata davanti a ben 16 fondi totalmente nuovi! Come se non bastasse, recentemente è nato un nuovo Centro di raccolta di Curzola e Lagosta, dove è stata ritrovata molta documentazione dunque fondi nuovi: ben 22. Aggiungo la proficua collaborazione avuta con la biblioteca universitaria di Spalato che mi ha permesso un completo accesso alle fonti e che ha portato a un inaspettato ma ottimo risultato accrescendo il numero dei fondi da elaborare: dai 10 presenti nel progetto a 20».
Per quanto riguarda il lavoro sugli archivi dalmati quello più importante, soprattutto per il periodo veneziano, si trova a Zara, dal 1964 ospitato nell'ex caserma della cavalleria veneta, dove prestò servizio Carlo Gozzi che ne scrisse nelle sue Memorie inutili. Valentina Petaros lo aveva inventariato qualche anno fa, grazie al finanziamento dell'Anvgd.
LE TAVOLE CATASTALILa documentazione più clamorosa conservata a Zara sono le tavole catastali della cosiddetta Linea Grimani, ovvero il nuovo confine tra i possedimenti della Serenissima e quelli dell'impero ottomano stabiliti all'indomani della pace di Carlowitz, nel 1699. Questo fondo è composto da 531 buste: contengono grandi tavole colorate di un metro per ottanta per centimetri che illustrano tutto il territorio compreso tra il Golfo del Quarnero (Qvarner) e le Bocche di Cattaro. Sono disegni bellissimi che costituiscono un repertorio di eccezionale importanza. Sempre a Zara si conserva un incartamento sulle numerose guerre che la Serenissima ha condotto contro i turchi per il controllo delle saline di Pago (Pag) e pure il fondo Dandolo, ovvero l'archivio segreto del provveditore generale in Dalmazia tra il 1806 e il 1810, cioè in epoca napoleonica. La storia della Dalmazia, ovviamente, non si ferma con la caduta della Serenissima e gli studiosi di vicende contemporanee potrebbero essere interessati alle 250 buste del fondo dell'ammiraglio Enrico Millo, rimasto intonso per un'ottantina d'anni. Millo è stato governatore a Zara tra il 1918 e il 1920, ha gestito la transizione della città e di alcune isole dalmate dall'Impero austroungarico all'Italia e soprattutto è stato colui che ha incontrato Gabriele D'Annunzio impegnato nell'impresa di Fiume a bordo del cacciatorpediniere Indomito, ma poi ha rappresentato il punto di vista di Roma nella disputa su Fiume (Rijeka). Purtroppo la cartella intestata a D'Annunzio è vuota (le manine che svuotano le cartelle imbarazzanti sono un male diffuso un po' ovunque). A Spalato è conservato anche l'archivio della fortezza di Clissa (Klis) a lungo contesa tra veneziani e ottomani e in tempi molto più recenti utilizzata come set per Game of Thrones. Alcune delle carte degli archivi dalmati sono state portate a Zagabria (Zagreb) ancora ai tempi della Jugoslavia. Valentina Petaros è stata pure lì, facendo interessanti scoperte, come per esempio alcune lettere ducali.
Alessandro Marzo Magno
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Ultimo aggiornamento: 19:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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