Smascherati, i segreti dietro ai ritratti più famosi della storia dell'arte

Giovedì 18 Ottobre 2018
Smascherati, i segreti dietro ai ritratti più famosi della storia dell'arte
L’affascinante Danae dipinta da Tiziano era nella realtà la cortigiana prediletta del cardinale Farnese; la Venere allo specchio fu l’amante di Velázquez e gli diede l’unico figlio maschio. Chi era invece la misteriosa Donna barbuta ritratta dallo Spagnoletto? Smascherati. Storie e segreti dietro ai ritratti più famosi di Francesca Bonazzoli e Michele Robecchi, edito da Mondadori Electa, racconta con sorprese e retroscena tutto quello che si nasconde dietro ai grandi capolavori dell’arte. Ne pubblichiamo alcune pagine.


Maddalena detta Lena. Prostituta in vita, santa nell’arte
Guardatela con attenzione perché è da questa donna bellissima, ritratta nei panni della “Madonna dei pellegrini”, che ha inizio la fine di Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi. La Vergine appoggiata allo stipite della porta non è una modella qualsiasi: si chiama Maddalena di Paolo Antognetti, detta Lena, in gioventù nota con il nome di Roscina. Fa la puttana, come la madre Lucrezia e la sorella Amabilia, ma non di infimo rango, come quelle relegate all’Ortaccio da Clemente VIII, il papa che ha fatto bruciare Giordano Bruno in Campo de’ Fiori, decapitare Beatrice Cenci, proibito il Carnevale, vietato di giocare a carte e dadi e intimato alle donne di non uscire dopo l’Ave Maria. Lena è diversa: è intelligente e a diciassette anni, forse meno, è già l’amante di Cesare Barattieri, gentiluomo del cardinale Farnese che, generosamente, la introduce anche nel letto del cardinale Alessandro Peretti Montalto e poi in quello di monsignor Melchiorre Crescenzi. Lena può sperare in una vita decorosa, però commette un errore. Le ragazze, si sa, sognano di essere amate, magari sposate, ma non comprate. Così Lena si lascia sedurre dagli occhi neri di un tale Giulio Massino, viterbese. Dobbiamo supporre che fosse bello, molto bello, perché per il resto non possedeva nemmeno un tetto sotto cui dormire e quindi, sempre secondo la legge moralizzatrice di Clemente VIII, un giorno viene preso in una di quelle retate con cui gli sbirri ripuliscono periodicamente la città dai vagabondi e infine imbarcato da Ripa Grande per remare sulle galere pontificie. Prima, però, fa in tempo a mettere incinta Lena. La ragazza partorisce, battezza il figlio con il nome di Paolo e lo dà a balia perché intanto ha trovato un notaio, Gaspare Albertini, che la prende a vivere con sé, more uxorio, nel quartiere di Borgo.

Lena potrebbe sistemarsi, ma le ragazze, si sa, non conoscono la prudenza, inseguono il sogno dell’amore e si lasciano incantare dai giovani. La notte del 2 novembre 1604 gli sbirri la sorprendono all’alba nei paraggi della sua vecchia casa al Corso; e sempre lì, nei pressi di quell’alcova, il 18 novembre viene fermato anche Caravaggio. Evidentemente qualcuno li segue: Gaspare Albertini è stato avvisato che Lena “lo faceva cornuto” e cerca di incastrarla. Ma non ci riesce: i due giovani continuano a vedersi, come testimonia un nuovo arresto di Michelangelo il 28 maggio perché il pittore non si sta solo godendo la Lena, ma le sta facendo anche il ritratto, nelle vesti della “Madonna di Loreto”, e per di più assieme al piccolo Paolo, che ormai ha due anni. Può una giovane donna resistere a tale corteggiamento? Non può. Così alla fine anche il notaio, come già Lena, perde la testa e il 28 giugno 1605 sfregia l’amante sul volto con un coltello. Lei, però, è ormai per sempre bella, bellissima come la Madonna, il collo lungo e bianco, i piedi nudi incrociati in un movimento leggero e svagato, come quando si ferma indolente sulla soglia di casa a far due chiacchere con le comari sue amiche. Ormai il suo volto, e il suo splendido collo, le gambe lunghe e flessuose e persino il suo Paolo, il figlio di un galeotto, sono su un altare nella chiesa degli Agostiniani, a due passi da piazza Navona. Tutto il popolo accorre a vederla e fa “estremo schiamazzo”, come scrive Giovanni Battista Baglione, il pittore rivale e poi biografo del Caravaggio. È molto probabile che la plebaglia riconosca anche i due pellegrini inginocchiati davanti all’incantevole prostituta: i due vecchi forse abitano proprio nello stesso vicolo San Biagio dove il Caravaggio ha ritratto la Lena. Una bella sfida a Clemente VIII quei loro piedi sporchi e piagati in primo piano, quegli stracci che indossano come i vagabondi che il papa spedisce nelle galere per ripulire Roma. Caravaggio lo fa apposta. Ama le sfide. Ha trentaquattro anni; è una sentina di ormoni e testosterone che sempre più spesso esplode in risse notturne; e ora deve sentirsi ancora più onnipotente del solito, tronfio, orgoglioso della sua pittura, del suo successo, della sua donna. E, come al solito, ne approfitta per regolare vecchi conti. Sa che un altro notaio, Mariano Pasqualoni, sta dietro alla Lena e addirittura l’ha chiesta in moglie, se non fosse che la madre, quella devota puttana, gli ha risposto di no perché le faceva “rimbrezzo di dare la sua figliola a notari delli quali è sicura la dannazione”.

Ma a Caravaggio non basta; ha voglia di menar le mani, e la notte del 29 luglio 1605, in piazza Navona, colpisce il Pasqualoni con “una botta in testa dalla banda di dietro”, poi si rifugia nel palazzo del cardinale Del Monte. Pasqualoni lo denuncia; anche se non lo ha visto in faccia a causa del buio, si dice certo che sia stato il pittore perché, come risulta dalle carte processuali conservate nell’Archivio di Stato di Roma, dichiara di non aver avuto “da far con altri che con detto Michelangelo [...] per causa di una donna chiamata Lena, che è donna di Michelangelo”. Il cardinale Del Monte interviene, spedisce il pittore a Genova per calmare le acque, e intanto tratta per il suo ritorno. Questa volta ce la fa. Ma è l’ultima, anche perché gli equilibri politici fra filofrancesi e filospagnoli stanno per cambiare. Ormai Caravaggio si avvia a diventare un uomo solo, senza appoggi, troppo compromesso. Il suo bisogno continuo di sfide lo porta dritto allo schianto: passano pochi mesi e, rientrato da Genova dove rifiuta le offerte faraoniche di Marcantonio Doria, accoppa Ranuccio Tomassoni, il cui fratello Giovan Francesco è il capitano delle milizie che controllano il rione di Campo Marzio. È la fine. Ormai nessuno lo aiuta più. Caravaggio viene condannato a morte e deve fuggire da Roma. Andrà a Napoli, a Malta e in Sicilia. Brucerà ancora altri quattro anni fra capolavori e risse. Intanto, a Roma, un giorno del 1610, nella casa di via dei Greci, muore la Lena, a ventotto anni, appena qualche mese prima del suo pittore che l’ha posta su un altare e le ha regalato, a lei, una puttana, la dignità di una Madonna.

 
Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 21:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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