All'inizio non ci credeva. «Pensavo fosse uno scherzo».
Incalzato poi dalla redazione del sito della Fondazione Nobel, Gurnah nel frattempo aveva raccolto le idee. Nato a Zanzibar nel 1948, è arrivato in Inghilterra come rifugiato alla fine degli anni '60: inevitabilmente, al centro della conversazione, la crisi dei migranti. Tra i Paesi del mondo, ha detto, «non vedo divisioni permanenti o in qualche modo insormontabili. Le persone si sono spostate in tutto il mondo. La migrazione degli africani verso l'Europa è un fenomeno relativamente nuovo, ma gli europei che si riversano nel mondo non è una novità».
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«Il motivo per cui è così difficile per l'Europa e per gli stati europei fare i conti con questa realtà, penso che sia una sorta di avarizia», ha sottolineato ancora Gurnah. Molti di coloro che fuggono dai loro Paesi di origine «sono persone di talento, energiche, che hanno qualcosa da dare. Non stai solo accogliendo le persone come se fossero povere nullità. Pensa che offri soccorso a persone che hanno bisogno, ma che possono anche dare un loro contributo». Nel colloquio, registrato subito dopo l'assegnazione del premio, Gurnah ha anche tratteggiato il processo creativo del suo lavoro. «È in gran parte qualcosa di compulsivo, avvincente. Non puoi farlo se lo odi. Ma suppongo che alla base ci sia il piacere di fare le cose, creare, trasmettere qualcosa, dare piacere, sostenere una causa».