Lampedusa riscopre il cinema con Fuocoammare: Rosi sull'isola per la proiezione

Sabato 16 Aprile 2016 di Fabio Ferzetti
Lampedusa riscopre il cinema con Fuocoammare: Rosi sull'isola per la proiezione

dal nostro inviato

Tutto il paese in piazza per un’anteprima in ritardo. Tanto in ritardo quanto emozionante. E tanto di successo da essere replicata la sera seguente. Due mesi fa infatti Fuocoammare, il bellissimo documentario di Gianfranco Rosi su Lampedusa e i migranti, ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Da allora è uscito nelle sale italiane ed è stato venduto in 64 paesi. Eppure a Lampedusa, dove da anni non c’è più un cinema in attività, non lo avevano ancora mai visto. Così, ora che il clima è clemente, Raicinema ha organizzato una grande proiezione all’aperto nella piazza principale del paese, presa letteralmente d’assalto dagli isolani, venuti quasi sempre con tutta la famiglia. Bambini compresi, anche se nel film non mancano immagini forti, quando la macchina da presa di Rosi sale sulle vedette di soccorso e sui barconi carichi di disperati, talvolta moribondi o già morti nel chiuso delle stive. Molti gli spettatori rimasti stoicamente in piedi pur di vedere finalmente Fuocoammare, anche anziani. E sì che non sono teneri da queste parti.

Come ha detto la sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, «se il film non fosse piaciuto, la gente si sarebbe alzata, senza problemi». Tutti inchiodati fino alla fine invece, con molti occhi rossi tra i lampedusani che scoprivano fino in fondo il dramma dei loro “ospiti” provvisori, entrando anche per la prima volta nel centro d’accoglienza dove vengono sistemati i migranti. Ma al tempo stesso si guardavano nello specchio magico del regista, che ha trovato la chiave poetica per raccontare anche l’altro lato del dramma, e cioè la calma, la dignità, la vita quotidiana su quest’isola, metafora di tutte le frontiere di un’Europa mai così lacerata. Un ragazzino che cresce, un sub che si immerge, la serena quotidianità di una vecchia coppia, il dj di una radio locale che trasmette canzoni a richiesta tra cui quella che dà il titolo al film, il dottor Bartòlo, il medico lampedusano che in tanti anni ha soccorso e curato migiaia e migliaia di migranti. E poi loro, gli africani, i siriani, i profughi soccorsi in mare aperto, chiusi nelle tute termiche per salvarli, perquisiti dai militari, identificati uno a uno in una lunga sequenza di primi piani che non si dimentica, o impegnati in una inattesa e liberatoria partita di pallone.

Ce n’erano anche in piazza naturalmente, perché a Lampedusa gli sbarchi continuano, gli ultimi arrivati vengono dalla Costa d’Avorio ma c’è stata un’operazione di soccorso anche la notte scorsa. Erano lì tra gli isolani, ammutoliti dall’emozione, soggiogati da questo film che senza parole inutili o scene ricattatorie racconta al mondo il loro inferno, gli restituisce una storia e un’identità, fa rivivere a tutti il loro viaggio e quello delle migliaia di loro che non ce l’hanno fatta e a Lampedusa non sono mai arrivati. Ha detto bene Federica Mogherini, alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, passata da Lampedusa dopo una missione sulla portaerei Cavour: «È bene che il film esca in tutta Europa, ma sarebbe ancora più importante farlo vedere nell’Africa subsahariana, perché sono certa che gran parte di questi migranti ancora non sappia cosa li aspetta quando si mettono in viaggio».

Per ora si prepara una proiezione dedicata al Parlamento europeo, e anche quella potrebbe essere decisiva visto il burrascoso momento politico. «Le immagini sono importantissime.
L'arte, la musica, il cinema, riescono a comunicare messaggi che le parole da sole non bastano a far passare», conclude la Mogherini. «Il primo passo è far capire a tutti che si tratta di un problema europeo, non solo italiano. Ma sono ottimista, ce la faremo. Dopo tutto i muri sono destinati a essere abbattuti o aggirati, la Storia non offre alternative. E in mare poi non si possono nemmeno costruire».

Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 00:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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