Nel 1997 vinsero Sanremo, i Jalisse: «Ci hanno sparato contro cannonate»

Lunedì 31 Luglio 2017 di Edoardo Pittalis
I Jalisse
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«Non dovevamo vincere noi, non ci hanno nemmeno fatto godere un po' la vittoria: ci hanno immediatamente sparato contro a cannonate, noi eravamo armati di arco e frecce. Gigi Vesigna, grande conoscitore di Festival e di televisione, ha detto subito: La vittoria dei Jalisse appare limpida ma non appartengono al sistema che quindi li espelle. Proprio così!». Loro nella storia della musica leggera italiana ci sono di diritto: vent'anni fa hanno vinto il Festival di SanremoAlessandra Drusian, 48 anni, di Oderzo, e Fabio Ricci, 51, romano, fanno coppia sul palco e nella vita. Sono tra i cinque vincitori del Nordest in una storia lunga 67 anni: la prima è stata la vicentina Flo Sandon's nel 1953 con Viale d'autunno; poi la ragazzina veronese Gigliola Cinquetti nel 1964 con Non ho l'età; nel 1990 il trevigiano Red Canzian con i Pooh e Uomini soli. I Jalisse sono arrivati nel 1997; quattro anni dopo Elisa, goriziana, con Luci (tramonti a Nordest).

Voi da bambini sognavate davvero di fare il cantante?
Fabio: «A 13 anni mi innamorai della tastierina Bontempi regalatami per Natale, a 14 ho partecipato alla mia prima trasmissione televisiva, alla GBR, conduceva Giancarlo Magalli ed era intitolata Lancio show. Era una specie di Corrida, il pubblico lanciava fiori o mattoni, mi bastò per capire che volevo fare solo il musicista».

Alessandra: «All'asilo le suore mi spedivano sul teatrino a cantare per il saggio. Alle elementari avevo una maestra che faceva parte di un coro e le lezioni in classe si aprivano cantando Ci vuole un fiore di Sergio Endrigo. Però, alle medie volevo fare la poliziotta, solo che il canto ha preso il sopravvento. Ho incominciato a partecipare ai concorsi e mia madre, anziché congratularsi con me, andava a consolare gli sconfitti. Nel 1990 sono stata ammessa alla trasmissione Gran Premio condotta da Pippo Baudo, il primo talent show della televisione italiana. Cantavo alla maniera di Tina Turner, vestivo alla Bertè: minigonna e tacchi a spillo. Il regista Gino Landi mi ha notata e richiamato a Roma, dove ho incontrato Fabio».

Quando sono nati i Jalisse?
«Nel 1994 e il nome ci è venuto in mente guardando la serie tv dei Jefferson. Anni dopo un grande poeta iracheno ci ha svelato che nelle Mille e una notte c'è una donna di nome Jalissa».

La prima ribalta nazionale?
«Le selezioni nel 1994 di Castrocaro con Giuda ballerino, una canzone dedicata al personaggio dei fumetti Dylan Dog. Poi la selezione per Sanremo Giovani, con noi c'erano Carmen Consoli, Marina Rey, Leandro Barsotti. Nel '96 con Liberami abbiamo guadagnato l'accesso all'anno successivo e ci siamo presentati con Fiumi di parole da perfetti sconosciuti e con etichetta indipendente. Non ci cercava nessuno, nemmeno una piccola intervista, e abbiamo speso le ultime 150mila lire per affiggere trenta manifesti che avevamo in auto».

Come è nata Fiumi di parole?
«Un po' pensando ai tanti discografici incontrati che ti parlavano senza dire niente e nemmeno ti ascoltavano. Avevamo una grandissima produttrice, Carmen Di Domenico, lei ha creduto subito nella canzone, ci ha consigliato di trasformarla in una storia d'amore». 
 
Come avete fatto a vincere il Festival?
«Con i voti popolari. Alla prima esibizione arriva un botto di voti, così tanti che qualcuno incomincia a interessarsi a noi, siamo passati subito tra i big. Era l'anno della Doxa per la raccolta e il controllo dei voti popolari. Il Codacons l'anno prima aveva messo in crisi il vecchio sistema dopo che Elio e le Storie Tese con La terra dei cachi si erano visti soffiare la vittoria. Baudo era stato sostituito da Mike Bongiorno con Chiambretti e Valeria Marini».

Sì, ma nessuno vi conosceva
«Nemmeno Bongiorno che ci ha presentato all'inglese chiamandoci Jalaisse. Alla premiazione cercava gli autori tra il pubblico, ma noi eravamo sul palco. Nessuno si aspettava un risultato simile, c'erano cantanti famosi con case discografiche importanti: Anna Oxa è arrivata seconda, Patty Pravo aveva una bella canzone scritta per lei da Vasco Rossi, E dimmi che non vuoi morire e Nek cantava il tormentone Laura non c'è. C'erano anche i Pitura Freska con Papa nero. Forse, da indipendenti, abbiamo rotto troppi schemi».

Tanto da essere subito attaccati?
«L'ostracismo nei nostri confronti è stato immediato e inspiegabile. È capitato tutto e subito, siamo passati dalla felicità alla paura, non siamo stati capaci di gestire emozioni e attacchi. Il pubblico, però, ci ha amato subito: Fiumi di parole ha venduto 50mila copie, disco d'oro».

Ma avete capito cosa è accaduto poi all'Eurofestival?
«Ettore Andenna, il presentatore italiano da Dublino, ha raccontato che nel collegamento telefonico con la Rai di Roma aveva fatto capire che stavamo per vincere e da quel momento le cose sono cambiate. In accordo con altri Paesi gli fecero mancare i voti per paura che vincessero e così la Rai fosse costretta a organizzare l'anno dopo, spiega Vesigna. Ce ne siamo accorti subito, sono spariti i voti sui quali si doveva contare: Malta, San Marino, Albania. Ma è stata la nostra esperienza più bella, al Point Theatre dove si erano esibiti gli U2».

Poi si sono dimenticati di voi?
«No, il pubblico non ci ha mai mollato. Fiumi di parole ha girato il mondo tradotta in tante lingue. Siamo l'esempio vivente di come si può sopravvivere al sistema, continuiamo a incidere e a fare concerti, a condurre trasmissioni radio non solo in Italia. Sa che ci sono quattro donne che si chiamano Jalisse in nostro onore? Una a Malta, due in Basilicata, una in Kazakistan. Un anno fa eravamo nella capitale kazaka, Jalissa è salita sul palco e ha cantato con noi».
Ultimo aggiornamento: 09:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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