Il premio Pulitzer al reporter anti-Trump del Washington Post

Lunedì 10 Aprile 2017 di Riccardo De Palo
David Fahrenthold
Diventa subito un caso politico il Premio Pulitzer assegnato al giornalista del Washington Post David Fahrenthold (nella sezione “national reporting”), per le sue inchieste su Donald Trump. Durante la campagna elettorale, il tycoon aveva annunciato di avere raccolto 6 milioni di dollari (di cui uno di tasca sua) per la causa dei veterani. Così il giornalista ha indagato a fondo e ha scoperto che Trump aveva effettivamente dato in beneficenza soltanto una minima frazione di quella somma. Dopo una prima inchiesta, ne seguirono delle altre, su tutta la “charity” svolta dal magnate nel corso della sua vita. E ne è venuto fuori il ritratto di una attività molto più sbandierata che effettivamente svolta.

L’amministratore del premio Pulizer, Mark Pride, nell’annunciare i premi, ha subito perorato la causa del buon giornalismo, ricordando come il mestiere si stia trasformando. La crisi di tante testate, grandi e piccole, è sicuramente “una brutta storia”, ma c’è ancora modo di scavare veramente nelle notizie, di fare un buon lavoro. E la scelta dei premi va certamente in direzione delle notizie affidabili, ben controllate, contro il dilagare delle fake news.

Così va ricordato il premio al consorzio internazionale McClatchy (e al Miami Herald) per avere rivelato al mondo la vicenda dei Panama Papers, con trecento giornalisti di vari paesi impegnati a scoprire il malaffare nei paradisi fiscali. Va in questo senso anche il premio al servizio pubblico, assegnato a ProPublica e New York Daily News, per un’inchiesta sulla polizia locale; e quello allo staff del New York Times per le inchieste su Vladimir Putin e i suoi tentativi di estendere, con ogni mezzo, l’influenza russa nel mondo. Va detto però che il New York Times ha fatto una brutta figura, rivelando anzitempo (prima delle 9 di sera di ieri) di avere vinto uno degli ambitissimi premi. Un portavoce del Times (che ha vinto in tre categorie) si è scusato dell’errore. Solitamente i vincitori vengono avvertiti in anticipo di essere stati prescelti dal board del premio.

Infine, gli altri premi. Anche qui l'impegno civile è stato il metro prevalente della giuria. Per la fiction, il premio è andato a "The Underground Railroad", di  Colson Whitehead, che parla del tema della fuga e della schiavitù; la Storia va a "Blood in the Water: The Attica Prison Uprising of 1971 and Its Legacy", di Heather Ann Thompson, che cerca di raccontare con "alti standard di giudizio e forza d'inchiesta" la verità sulle rivolte nella prigione di Attica, avvenute nel 1971. Di alto valore sociale anche "Sweat" di Lynn Nottage, che si aggiudica il premio per il teatro: un'opera che racconta la chiusura delle fabbriche in Pennsylvania, con tutte le sue ripercussioni sociali in termini di violenza e povertà.
 
Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 15:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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