Il Campiello a Carmine Abate: "La collina
del vento" domina il premio dei 50 anni

Domenica 2 Settembre 2012 di Sergio Frigo
Andrea Tomat premia Carmine Abate (foto Attualità)
VENEZIA - Il Campiello dei 50 anni mette d'accordo, per una volta, critica e pubblico, premiando Carmine Abate e il suo “La collina del vento” (Mondadori) con 98 voti su 273 votanti. Abate si era già classificato al primo posto nella selezione dei letterati, a maggio a Padova, a pari merito con Francesca Melandri: che infatti è giunta seconda anche nella votazione dei 300 lettori, con 58 voti per il suo “Più alto del mare” (Rizzoli).



Al terzo posto si è collocato invece Marcello Fois (“Nel tempo di mezzo”, Einaudi) con 49 voti. Infine, in una edizione del premio mai come questa volta dedicata ai problemi dei giovani e al loro futuro, proprio i due autori più giovani sono finiti solo al quarto (Marco Missiroli, con “Il senso dell'elefante”, Guanda) e quinto posto (Giovanni Montanaro, con “Tutti i colori del mondo”, Feltrinelli).



Carmine Abate, già un terzo posto al Campiello otto anni fa, ha 58 anni e viene dal paese arbëreshë di Carfizzi in Calabria, ma vive a Rovereto; ha dedicato il premio ai figli e alla moglie, da lui conosciuta quando era emigrato in Germania e lavorava in fabbrica, iniziando a scrivere – appena sedicenne, in un mix di tedesco e italiano – proprio per denunciare le ingiustizie che subivano i suoi colleghi “germanesi”. Il suo libro, in parte autobiografico, è la saga di una famiglia che difende una collina con le unghie e con i denti dai soprusi di varie generazioni di potenti, dal podestà fascista agli speculatori della 'ndrangheta. “Ma si tratta anche – ha detto Abate – di un libro sulla memoria del passato, che illumina il presente, e sul passaggio di consegne fra padri e figli”.



Alla vigilia il confronto si presentava molto più equilibrato del risultato finale, con i candidati però contagiati da un clima decisamente amichevole, tanto da far dire a Marco Missiroli «a me piacerebbe tanto un ex aequo collettivo», riecheggiato dalla Melandri («dispiace augurare una non vittoria a degli amici»), Fois («Chiunque vinca gli altri non perderanno») e Abate («Spiace che stasera tutto finisca, perché sono stati tre mesi bellissimi»). Solo il più giovane, Giovanni Montanaro (che in conferenza stampa aveva ricordato la figura del cardinale Martini), ha scherzato: «Gli altri colleghi hanno già vinto un sacco di premi, spero in un riequilibrio...». Un clima che rende il Campiello un premio diverso da tutti gli altri, come testimonia anche il fatto che spesso i finalisti e i vincitori ritornano "in visita", come Ennio Cavalli, Michela Murgia, che ieri ha raccontato la finale in una divertente diretta twitter, Andrea Molesini e Federica Manzon.



A determinare i risultati è stata una giuria composta da 92 lavoratori dipendenti, 76 Liberi professionisti e rappresentanti istituzionali, 50 Imprenditori, 36 Pensionati, 24 Studenti e 22 Casalinghe. Fra i giurati noti si segnalavano il fotografo Gabriele Basilico, il cantautore Samuele Bersani, la giornalista Luisella Costamagna, il senatore Paolo Guzzanti e lo scultore-designer Gaetano Pesce.



Al di là del premio principale, però, nella serata condotta da Bruno Vespa, con Gigliola Cinquetti e Anna Valle e le canzoni di Arisa, hanno avuto il loro spazio anche il vincitore dell'Opera Prima Roberto Andò, e Dacia Maraini, a cui è andato il Premio Fondazione Campiello alla carriera. Regista e sceneggiatore, Andò (presente ieri in conferenza stampa a Ca’ Giustinian con l’attore Alessio Boni) ha rivelato di avere da oltre trent’anni un altro romanzo nel cassetto, apprezzato da Leonardo Sciascia. Il suo libro "Il trono vuoto" (Bompiani) - che racconta del leader in crisi del partito di opposizione che fugge e viene sostituito a insaputa di tutti dal brillante gemello filosofo - diventerà presto un film.



La Maraini, invece, salutata in serata da una standing ovation, a Ca' Giustinian ha reso onore al suo premio per una carriera letteraria straordinaria con un intervento lucido e appassionato sul valore dei libri («ci consentono di incontrarci con i grandi del presente e del passato») e della scrittura («noi siamo dei testimoni, dobbiamo essere lucidi e consapevoli nel nostro lavoro»), senza rinunciare all’impegno civile, nel suo caso soprattutto in favore delle donne maltrattate: «Ma attenzione - ha avvertito – dobbiamo avere la capacità di comprendere che quelli delle donne sono in realtà i problemi di tutti, che possono essere risolti, più che con le manette, solo con la maturazione della cultura e il cambiamento dei valori che la ispirano, e anche questo è il nostro compito di scrittori».
Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 12:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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