Cesare Cremonini e i suoi "Possibili scenari": «Non ho più paura di sbagliare»

Giovedì 23 Novembre 2017 di Rita Vecchio
Crediti di GIOVANNI GASTEL

Empatia. Umanità. E la barra luminosa su una copertina a sfondo scuro, portavoce di «calore corporeo e della terra». E “Possibili Scenari” di Cesare Cremonini è servito. A due anni da “Più Che Logico Live”, sono dieci tracce in vendita da venerdì 24 novembre, che Poetica, singolo e video in bianco e nero, ha anticipato.



«Rischio un salto molto alto, alzo l’asticella e mi tuffo dentro me stesso superando insicurezze personali e musicali, facendo scelte senza paura di sbagliare». Il risultato è un album per nulla scontato. Che sconvolge schemi, metriche e strutture, incurante di un giusto o uno sbagliato del mercato discografico. Che non conosce il limite del tempo radiofonico: tutte le canzoni vanno da un minimo di 4 minuti e 11 fino ad arrivare a oltre 7 minuti.

 «Non ho paura di mostrarle in questo abito inusuale. A me interessa che siano belle». D’altronde per lui le canzoni sono come le vitamine: «un inganno in cui immergersi, via di fuga dalla paranoia». Cremonini, figlio di un medico, ricorre proprio alla medicina per spiegare il  senso terapeutico delle canzoni, «da non da sottovalutare come le vitamine. Per me alcune di queste possono rappresentare anche 5 mesi di felicità».  

Nessuna captatio benevolentiae, quindi. E nessuna paura della tradizione cantautorale italiana. Dieci brani vestiti di elettronica e orchestra, di intro e code strumentali tutte da ascoltare. Ad aiutare Cremonini in questo lavoro, il suo storico produttore Walter Mameli «con cui corro da vent’anni, che mi ha portato su una strada per me nuova».  
 

Qui si incontrano La Teoria dei Colori e Logico, gli album precendenti, che vengono superati. Qui la sua Grey Goose strizza l’orecchio a suoni che nel frattempo sono cresciuti. 

E poi ci sono le parole, che usa con cura, con quel lavoro preciso che lo contraddistingue da sempre. Dove nulla è lasciato al caso. Che combatte il “mutismo” comunicativo di oggi dovuto anche ai social «che ci costringono a essere fighi per forza». Si pensi alla seconda traccia “Kashmir Kashmir”, con «parole facenti parte del linguaggio comune attuale di cui mi approprio (“Kashmir”, “Mujaheddin”).
Il razzismo? Un modo di non vedere noi stessi (“ma il giorno del Signore qui, è sempre venerdì/ questa vita occidentale no, non è così male”, canta in una strofa della canzone)». O a “Nessuno Vuole Essere Robin”. «La mia nuova Marmellata#25. È canzone autobiografica che dà voce a chi non ne ha: al centro del ring, un cane che simboleggia la solitudine di tutti noi. Uso l'immaginario per descrivere la realtà». Ecco allora spiegato il verso “Tutti col numero dieci sulla schiena, e poi sbagliamo i rigori”. «I rigori non andati in porta, sono le parti non proprie positive. Ho vissuto anche io periodi non fighi. Per fortuna che la cornice culturale si sposta». Omaggia Lucio Dalla. Parla della famiglia, dove l’approvazione di una canzone passa anche da «Affermativo, Cesare», del padre di 94 anni per cui si commuove ogni volta che ne parla. 

Due versioni: cd e vinile doppio (anche se le tracce sono solo 10) per garantire l’alta qualità del suono. «Monogamo» nella musica («a differenza della vita privata», come racconta ridendo), preferisce canzoni non scontate.
Anticipa una sorpresa per i 20 anni da “Squérez?” (il suo esordio Lùnapop), mentre «il sogno» stadi («che non rappresentano non più solo il calcio per me») si avvicina. Quattro le date per un concerto che annuncia essere «non autocelebrativo, ma in grande. Fatto per la gente». Parte da Lignano il 15 giugno 2018. Poi San Siro Milano (20 giugno), l’Olimpico di Roma il 23 giugno, per poi chiudere nella sua Bologna allo stadio Dall’Ara il 26. «E qui so già che mi commuoverò, ancora di più nel vedere mio padre tra il pubblico». 

Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 17:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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