Buon compleanno Renzo Arbore. «Ne ho combinate delle belle»

Sabato 24 Giugno 2017 di Marco Molendini
Renzo Arbore
Buon compleanno Renzo.Quanti anni ha?
«Dicono che sono 80, ma io me ne sento 65. Posso tranquillamente togliermene 15 con l'aiuto del mio barbiere che ha una buona tintura per coprire i capelli bianchi».

Che fa, festeggia allora?
«Mi tolgo di mezzo e vado a Bologna dalla famiglia di mia sorella. Quando tocchi la decina ti viene voglia di guardarti un po' indietro e ti chiedi cosa hai combinato».

E lei cosa ha combinato?
«Ne ho fatte delle belle, come diceva mio padre. Ho coltivato le mie passioni partendo dal jazz e dalla chitarrina di Murolo. La scintilla si è accesa quel giorno in cui ascoltai per la prima volta il disco di Lionel Hampton che suonava Staradust. Un'illuminazione. L'improvvisazione è stata la mia via maestra. Se Hampton lo fa con la musica perché non si può fare anche con le parole? E così è stato con i miei programmi».

La cosa di cui va più orgoglioso qual è?
«Sono due. Quelli della notte, il marchio Rai più conosciuto assieme a Lascia o raddoppia, che ha rivoluzionato il modo di fare tv. E il lavoro fatto con l'Orchestra italiana da 27 anni, rivalutando la canzone partenopea, che è la più bella al mondo, ma che allora era considerata poco anche dagli artisti napoletani. L'abbiamo rinfrescata, attualizzata e portata in giro assieme a un'immagine dell'Italia moderna ma capace di rivendicare la bellezza della sua tradizione».

Visto che dice di essersi guardato indietro, dopo aver fatto quello che le piaceva e con un successo fuori misura, che ne pensa della sua vita fortunata?
«E' vero, ma c'è anche il rovescio della medaglia. Ho avuto grandi dolori, grandi paure. Timori per la salute mia e delle persone a me vicine. Ma sono riuscito sempre a superare i momenti difficili col positive thinking di stampo americano. La passione per l'America, coltivata anche quando imperava l'antiamericanismo, è un'altra cosa che devo al jazz».

A proposito di paure: quella del palco, alla fine, è riuscito a superarla.
«Io sono sempre stato un gran timido. A Foggia, nella mia comitiva di vitelloni e sognatori di provincia che passava le giornate in un bar che, non a caso, si chiamava La Gloria, ero il più taciturno. Invece mi sono accorto che se hai qualcosa da dire, hai la coscienza pulita e non proponi merce avariata, ma artigianato artistico non c'è motivo di avere paura. Oggi non vedo l'ora di salire sul palco e trovarmi davanti al pubblico».
 
Le è costato molto mantenere il successo assieme allo stile?
«C'è voluta disciplina per resistere alle suggestioni, alla vanità, alla ricerca della popolarità sproporzionata. Dopo Indietro tutta sono riuscito a stare fuori dalla televisione per vent'anni. Ho affrontato con parsimonia quello che ti dà la vita. Ho anche cavalcato molto l'ozio che per me è il nonno dei vizi. Ho viaggiato moltissimo. Ma soprattutto ho rifiutato l'arricchimento, pur essendo passato dagli anni in cui ti offrivano questo e quello».

Pare di capire che ha detto molti no. A parte quello noto a Berlusconi per passare alle sue reti, ce ne sono altri, magari sul fronte della suggestione politica?
«Mi è stato offerto di presentarmi alle elezioni. Ai tempi di Craxi mi proposero di candidarmi a sindaco di Napoli. Ho anche rifiutato di imbarcarmi in imprese economiche che non mi interessavano, tipo tv o radio private».

E sul piano personale?
«Beh, non ho messo su una famiglia, anche se sono circondato dall'affetto dei miei fratelli, dei nipoti e di tanti cari amici».

Sul fronte sentimentale, c'è stata la perdita dolorosa di Mariangela Melato, ma un bel ricostituente lo riceve dalla gente comune. Difficile trovare una popolarità condivisa come la sua.
«E' il mio successo più grande: la gente che mi viene incontro per strada e allarga le braccia. Mi emoziona. A Roma mi vedono e mi apostrofano: a bello Re'. Sono molto grato a questa città che mi ospita da tanti anni. Non sono stato il famoso marziano a Roma».

Quando arrivò, quel giorno a piazza del Popolo, con la sua 500 targata Foggia, era un'altra Roma. Pazzesca.
«Fantastica. Appena sceso dall'auto conobbi Gabriella Ferri che mi portò subito alle Fraschette ai Castelli. In macchina cantava Le Mantellate. Io le cantavo le canzoni napoletane. Quando tornammo lei volle andare al Piper club. Io non l'accompagnai. Non sai che ti sei perso mi disse il giorno dopo. E ci andai subito».

Era la Roma del Piper, di Rosati, degli artisti.
«Era finita la Dolce vita ma era vivacissima. Quel giorno in cui arrivai a piazza del Popolo da Rosati c'erano oltre a Gabriella e alla sua partner Luisa De Santis, Manfredi, Gassman, Tessari. Erano tutti là. Chiesi, ma è la festa di qualcuno? No, era sempre così. Andai ad abitare a via Rasella, in una pensione che affittava le camere a ore, su consiglio di un musicista di night: se vuoi spendere poco vai là».

Renzo, i prossimi ottant'anni come li sta preparando?
«Penso al futuro senza imitare i ragazzi cantando rap. Guardo molto la rete, formidabile enciclopedia dello spettacolo e dell'arte. Averla e usarla solo per fare un tweet è sprecare la grazia della provvidenza».

Qualche giorno di vacanza e poi Arbore ripartirà con la sua Orchestra italiana. Concerto a Norcia per Umbria jazz in di solidarietà per i terremotati il primo luglio e appuntamento a Roma, alla Cavea, il 24. Intanto buon compleanno, Renzo.
Ultimo aggiornamento: 09:14

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