Albertazzi, le poesie inedite dell'ultimo imperatore del teatro

Martedì 31 Maggio 2016
Albertazzi, le poesie inedite dell'ultimo imperatore del teatro
Giorgio Albertazzi, attore, regista e drammaturgo, ha spesso affidato ai versi il suo sentire. Abile dicitore, fine traduttore, ne ha composte di sue. Di seguito alcuni inediti: dalla prima, dedicate a Bianca Toccafondi, attrice e prima compagna di vita. Poi Pia, scritta per la moglie Pia Tolomei di Lippa. E ancora, il teatro, la vita, il desiderio.


A B.

Celestiale
in quel bar di via Martelli a Firenze
quando Athos Ori ti presentò:
la più grande attrice, disse.
E tu ridesti di quel tuo riso clamoroso,
signora della scena.
Che voce avevi, la più bella
mai udita signora Di Volo –
dalla reggia di via Ponte alle Mosse
alla pensioncina
dalle parti di via Veneto
radiosamente d’amor vestita
e nei tuoi occhi
infinitamente azzurri
farfalla per molti con ali dischiuse
per lunghi e brevi giorni
molte stagioni e tempi
e contrattempi in riso e in pianto
sopra ogni sconfitta ogni dolore
dentro ogni libro che leggevi
ogni palcoscenico sotto i tuoi piedi
sopra tutto sopra
la vita e dentro
la morte, Bianchina.




PIA

Guardarti Amore
vederti vivere
fra i tuoi teneri cani e gatti
e il tuo vecchio Lusignol
che non galoppa più - è vita anche per me
come un mattino tu sei
come un levar del sole
un profumo di viole
e non so dire ahimé
meglio
lo struggente sentire
al pensiero
di doverti lasciare
un giorno non lontano
ti verrò a salutare
se potrò
ti resti sennò
questa ardente intenzione
di sopravvivermi
in te
dalle mie ceneri
un soffio
in un tuo mattino
magari d'aprile
(a Pia fra Roma e Verona luglio 2002)




BAGLIORE

Bagliore di cosce
lampeggia
in mezzo al palcoscenico
guizza
ilare e tenebroso
demone inverecondo
incavo
ove la vita danza
suo fulgore e morte
prepara agguati
nell’inguine del mondo.
Stasera va in scena
Quel bagliore.
Amleto può attendere.




SPEAKERAGGIO ALBERTAZZI

All’innocenza ci sono arrivato
Mi sono quasi sempre alzato da una disfatta
La mia forza è quando mi raccolgo
La mia massima musicalità quando mi giustifico
Il segreto della mia conoscenza è l’insoddisfazione
Di ogni cosa vedo l’ombra in cui culmina
Divoro i fatti
Attenti, quando recito ai vuoti ai contrattempi
ai controtempi, all’assenza e al delirio.




FRAMMENTO

L’innocenza sul volto delle donne
una levità
controsole
un barbaglio
tralucente –
quasi un non esserci,
obscure clarté
di femminea grazia
fra i lillà
e l’eternità!




“PRIMA ADRIANO”, 1990

All’Argentina scendo giù dai camerini
Per le scale verso
il palcoscenico: da lì entrerò
si aprirà la porta di ferro
verrà su un controluce
e io farò i trenta metri circa
fino al proscenio si ripeterà
la magia di Villa Adriana a Tivoli
dell’anno scorso
sto lì penso un po’
a Sabina che svetta
come una canna fra le altre
ombre ma il pensiero
è fuggevole ho il vuoto in testa
passa una mezz’ora la gente si accalca
mi sforzo di pensare a qualcosa
a Pia …a mia madre
a Flaiano a D’Annunzio
tutto sfuma sfuma via
svanisce subito come i pensieri
che vorresti pensare
quando il sonno sta per prenderti e dileguano
subito appena abbozzati inghiottiti
da una nebbia soffice e ipnotica
il vuoto è questo il Duende?
“Marco…Marco!…”
il vuoto totale sto bene
rilassato non penso -
finalmente la luce rossa
il pesante portone di ferro
scorre sul suo binario –
sale il controluce intravedo
il mondo della platea
lontanissimi i palchi
in un pulviscolo dorato –
faccio il primo passo: Marco!
Comincia la vita cosa accadrà?
Ci saranno mattine notti
e brezze disavventure
malattie amori
potere gloria tradimenti:
la vita!




IL MIO FIUME 

Apro la finestra e ho gli occhi pieni d'Arno
oliva oliva come i tram d’una volta
la mia Firenze della fine di marzo
giù da San Miniato agli specchi di Santa Trinita
trionfante e sobria come una campanella francescana
il camioncino delle verdure scende ai mercati
e tesse un'aria serica - liscia -
coi fari accesi di prima mattina.
E' giorno. Non si odono voci
nel crepitio della Pescaia
(1960)




?

Ti sei mai guardato un orecchio?
ghirigoro anfratto tortello cavo
lobo pendulo - che bisogno c'era
di farlo così? Grottesco fliacico
resto di maschera consunta -
lo guardo e mi pare
organo d'altra forma che la mia
estraneo e defilato
cavernicolo frinzello
e per di più due ne ho
a ricettacolo
di celesti armonie
che Beethoven immaginò
e mai udì
se lo guardò forse Verlaine
assordato d'amore
e se lo strappò via!
(Roma 2005)


 
Ultimo aggiornamento: 17:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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