La nuova carriera di Patrizio Oliva, l'ex campione del mondo diventa attore Trailer/

Martedì 15 Ottobre 2013 di Maria Lombardi
La nuova carriera di Patrizio Oliva, l'ex campione del mondo diventa attore Trailer/

Patrizio Oliva, ex campione del mondo di boxe, nell’altro mondo un netturbino senza scarpe e nella prossima vita sar Pulcinella. E chiss cos’altro.

Dal ring alla scena con naturalezza, il pugile d’oro dei superleggeri ha scoperto per caso giocando a pallone d’essere un attore. O meglio, è stato Luciano Capponi, il regista che lo ha guidato nel film che sta per uscire «Il flauto» (nella sale dal 17 ottobre) e nello spettacolo teatrale che presto debutterà «Due ore all’alba», a vedere in quello sguardo tra il malinconico e l’ironico un che di autentico capace di commuovere e divertire. «Tu sei un bravo attore», Capponi nello spogliatoio al termine della partita di pallone per beneficienza gli ha detto cosa aveva intuito.

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Lui si è messo a ridere, «no guarda, mi ha confuso con qualcun altro. Io sono Patrizio Oliva, il pugile». «So chi sei, ti ripeto: sei un bravo attore». «Mi sa che tu sei pazzo, non ho mai recitato». Ma poi Oliva ha creduto in un quel nuovo sogno e si è rimesso in gioco con la determinazione del campione che aveva volato sui ring di tutto il mondo e lo slancio del bambino che fantasticava di diventare qualcuno con i pugni. «Luciano mi ha preso per mano e mi ha guidato in questa esperienza, è stato maestro e psicologo. Sono sicuro che con un altro regista non avrei mai potuto lavorare, non avrei sopportato l'aggressività, i rimproveri. Sarebbe venuto fuori il Patrizio pugile: che cavolo vuoi?, avrei risposto. E invece lui, a piccoli passi, ha fatto emergere l'altro lato di me: la tenerezza, la capacità di commuovermi. Mi ha insegnato ad esprimermi, prima mi vergognavo a fare una battuta, censuravo la mia ironia. Pensavo che m’avrebbero preso per il pugile un poco scemo perché aveva preso troppe botte in testa».

Oliva nel film scritto, diretto, montato e musicato da Capponi (una favola delicata e intensa, secondo episodio di una «trilogia sull’aldilà», una produzione indipendente: tutti hanno lavorato gratis) è Gennaro Esposito, un uomo candido che di mestiere fa lo spazzino. Finisce chissà come su un’isola di anime senza memoria, s’innamora di Ninetta (Francesca Ferri), e con il semplice tocco di un flauto riuscirà a sovvertire il meccanismo che le rende schiave - sono prigioniere di una multinazionale aliena - e restituirà loro la memoria.

Che effetto le ha fatto rivedersi nei passi di Gennaro Esposito?

«Ancora non ci credo. Mi continuo a dare pizzicotti sulle braccia per capire se è realtà oppure è un sogno. È stato bellissimo. Fino a 20 giorni fa ero un allenatore di pugilato e adesso vivo questa bellissima esperienza, con semplicità e umiltà come ho sempre fatto nella mia carriera. Quando sono diventato campione del mondo mi sono guardato allo specchio e non mi riconoscevo più: ero pieno di lividi. Ho aspettavo che la faccia mi tornasse come prima e sono subito tornato in palestra ad allenarmi. Mia moglie mi diceva: fatti una vacanza, riposati. Ma sul ring non ci si può riposare nemmeno per un attimo. Un secondo di distrazione e sei finito».

Cosa ha scoperto di sè recitando?

«Ho scoperto che sono capace di commuoversi anche davanti a una macchina da presa. C'è una scena in cui piango, raccomandavo al regista: Lucia' non ne facciamo tante altrimenti io non piango più. E lui: tranquillo, se hai capito il segreto piangerai tutte le volte. Aveva ragione lui. Ma questa cosa, se non ce l'hai dentro, puoi studiare una vita e non ti viene. Nel privato sono un sentimentale, mi commuovo anche con i cartoni animati. Recitare mi ha anche insegnato a uscire dal personaggio del campione di pugilato. Luciano mi ripeteva: smetti di essere Patrizio Oliva, devi diventare Gennaro. E ci sono riuscito, sono entrato in un’altra dimensione. Mi è piaciuto tantissimo, ricomincerei domani».

Dal cinema al teatro: sarà Pulcinella nello spettacolo «Due ore all’alba» di Biagio Casalini e dello stesso Capponi, a Roma dal 10 al 22 dicembre al Piccolo Eliseo. Più difficile recitare su un palco?

«Il segreto è lo stesso: essere vero. Sono cinque mesi che provo il finale e tutte le volte mi commuovo. Indossare una maschera mi è sembrato semplice: anche sul ring indossavo sempre una maschera, mi mostravo sicuro e forte e invece dentro di sè il pugile è pieno di paure a angosce».

Anche in questa esperienza di attore ha avuto paura?

«Certo, mi stavo giocando la mia reputazione sportiva, tutta la mia storia. Se avessi fallito, mi sarei esposto al ridicolo: ma che sei scemo? chi te l’ha fatto fare?, avrei detto guardandomi allo specchio. Invece ho ricevuto tanti complimenti. Grazie a Dio è andato tutto bene».

Dice di lui il regista: «Mancano tre parole fondamentali nella vita, il buon senso, il rispetto e l’onestà, ed è quello che cerco di raccontare da sempre nella mia carriera. Credo che Patrizio sia riuscito a comunicarle».

Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 13:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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