Alessandra Graziottin
PASSIONI E SOLITUDINI di
Alessandra Graziottin

Il diritto di andarsene senza soffrire

Giovedì 2 Marzo 2017
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Voglio morire dormendo, dopo un addio scelto, consapevole e sereno, acquietata e pacificata, mano nella mano con una persona amica e affettuosa. Voglio morire quando ancora la dignità non mi ha abbandonato, quando ancora il pensiero mi aiuta a scegliere il giorno e l'ora quando il dolore non mi ha così ottenebrato la mente da togliermi il sorriso, mentre dentro di me dirò ancora addio, con dolcezza, alle persone a me care e al mondo che ho così tanto amato. Ho abitato la vita con entusiasmo, a volte con fatica, a volte con dolore. Sempre con un amore intenso e appassionato, a volte inquieto, per lampi di disincanto e per sottili malinconie. L'amore è stato più forte. Nei giorni di sole e in quelli di pioggia, ho sempre sentito la carezza della vita. Anche quando mi faceva i dispetti, o mi faceva male, sapevo che erano prove, per farmi ripartire meglio, con più garbo e più energia. Quando la malattia avrà posto il suo ultimo pegno, di dolore e dipendenza, sarà giusto scegliere la stazione in cui scendere, quando ancora il viaggio ha mantenuto la sua intensità, i suoi chiaroscuri, la sua bellezza misteriosa.

La mia amica morte, con cui ho dialogato serena per così tanti anni, mi prenderà allora per mano, per accompagnarmi via. Anche lei mi sorriderà, ci conosciamo bene. Non avrò paura, né rimpianti o nostalgia. Anzi, camminerò leggera con lei, con curiosità. Chissà se davvero mi porterà in un altro mondo, con cavalli e monti e praterie. Se finirò nel nulla. O tornerò farfalla o bruco, o filo d'erba, assai contenta, dove non passa l'uomo. Chissà. Morire bene, serenamente, dormendo, mi aiuterà a chiudere la vita in pace. Accompagnata, senza la solitudine feroce di giorni, o mesi, in rianimazione, intubata. In croce. No, voglio morire dormendo, a casa, lasciando sereni tutti quelli che ho amato. Disponendo bene per i miei dolci animali. 
E' così bello e consolante poter scegliere il giorno e l'ora. Certo, il più tardi possibile. Ma sempre finché c'è luce e dignità. La mia amica morte, che già mi ha sfiorato più di una volta, me lo ricorda sempre. Ma poi ci siamo messe a ridere: «Va bene, sarà per un'altra volta». Avere (anche) la morte per amica, è una consolazione e un grande aiuto. 
Scegliamo come abitare l'ultimo giorno, come morire. Stiamo vicini alle persone che amiamo, se già l'hanno scelto prima di noi. Pensiamoci tutti, con calma. Prima. Ora. Parliamone con i familiari, con gli amici, perché la scelta sia chiara, senza incertezze né inutili sensi di colpa, quando verrà il momento, anche se sembra lontano. Sembra, ma potrebbe essere domani. E' una riflessione preziosa per tutti.
La signora Luciana Biffi, 59 anni, malata di sclerosi laterale amiotrofica (Sla), tetraplegica, ha scritto con il comunicatore oculare una bellissima lettera che Il Corriere della Sera ha pubblicato qualche giorno fa. Conclude così: «Quando avrò un sintomo che mi condurrà alla fine della vita voglio essere addormentata, voglio morire dormendo, voglio serenità per me e i miei cari che saranno con me in quel momento». Il signor Dino Bettamin, di Montebelluna, anch'egli ammalato di Sla, dopo aver convissuto per anni con questa tremenda malattia, con coraggio, con forza e tanta dignità, ha scelto la sedazione palliativa profonda continua. «Mio marito era lucido, ha optato per una scelta in linea con la legge, la bioetica e la sua grande fede, ha fatto la sua scelta», ha detto la moglie che lo ha assistito con amore e dedizione fino all'ultimo. Una scelta condivisa, meditata e serena.
Per la sedazione palliativa profonda continua, ottenuta con un farmaco specifico, è necessario il medico anestesista. Occorre che la volontà del morente sia chiaramente esplicitata. Bisogna essere pronti. Tanti anni fa una mia giovane paziente aveva un tumore mammario con metastasi dolorosissime che crescevano nelle ossa e perfino sotto pelle. Da poco laureata, ero di guardia in oncologia ginecologica. Le facevo morfina ogni due ore, anche meno. In quelle notti insonni, la sua coscienza affiorava sempre meno tra un fiala e l'altra, e solo quando il dolore la tormentava di più. L'ultima volta di guardia con lei, mi ha guardato e mi ha detto: «Dottoressa, lei che mi vuole bene, mi lasci morire». Non ne ho avuto il coraggio, mi sembrava che l'importante fosse starle vicina con tutto il cuore e farle più analgesia possibile. E' morta la notte in cui non c'ero. Ancora ci penso, con un nodo in gola. Ma allora ero giovane, non potevo. Ora che conosco bene il dolore, forse sì. Ultimo aggiornamento: 21:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA