Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 75, giorno 11. ROMA vittoria evidente
Ma The Nightingale esulta per le polemiche

Domenica 9 Settembre 2018

Sarebbe stato davvero imperdonabile una volta tanto intestardirsi su quei conflitti di interessi tra presidente di giuria e film destinato al Leone d’oro: in passato si è visto di tutto, premiando film mediocri, tipo il caso Tarantino-Sofia Coppola; e adesso non esaltare “ROMA” del messicano Alfonso Cuarón, nettamente il miglior film della Mostra, solo perché lui e Guillermo del Toro sono amici e soci, avrebbe deluso probabilmente tutto il mondo. Invece si può dire che giustizia è fatta. Il Leone d’oro finisce nelle mani giuste.
Sono altre tre le notizie importanti di questo Palmarès. La prima è una disfatta italiana. E si direbbe non proprio meritata. Qualcosa di rilevante si era aggirato nei film di Minervini, Martone (meno) e soprattutto Guadagnino, che con il suo “Suspiria” aveva rischiato molto e ne era uscito con un sorprendente risultato positivo. Niente nemmeno in “Orizzonti”, dove forse si sperava di ottenere qualcosa grazie alla notevole interpretazione di Alessandro Borghi per il ruolo di Stefano Cucchi nel film “Sulla mia pelle”, ferita ancora grave della giustizia italiana. Anni fa l’Italia con film più deboli in Concorso aveva l’abitudine di portarsi a casa il contentino attoriale; invece stavolta, con produzioni decisamente migliori, nemmeno quello. Amen, ma è una sconfitta immeritata.
La seconda notizia è che sull’altare dei premi politici non poteva non finire “The nightingale” di Jennifer Kent, già fonte di polemiche alla vigilia per essere l’unico film in gara diretto da una donna (con le accuse di sessismo al direttore Barbera), amplificate anche da quel gesto sconsiderato in sala di una accreditato con un’ingiuria a squarciagola verso la regista sui titoli di coda. Puntuale ecco dunque il Premio Speciale della Giuria al film e il premio Mastroianni (per un giovane attore) all’aborigeno Baykali Ganambarr, per uno dei film più modesti del Concorso. Due premi francamente esagerati, specialmente al film.
La terza è indubbiamente la vittoria di Netflix, a cominciare proprio dal Leone d’oro (evento storico), con Cannes che ora si mangerà le mani per quell’ostracismo verso le piattaforme online, rinunciando a diversi titoli che Venezia ha prontamente catturato e la giuria lidense premiato. Venezia in questo si dimostra senza dubbio più attenta e aperta a captare le novità che il mondo, non solo quello del cinema, offre. Anche se in Italia partono crociate e polemiche, queste sì, inique.
La giuria ha proceduto per accumulo, concentrando su pochi film la totalità dei premi e dimenticando parecchi titoli, quando erano diversi i meritevoli. Forse un po’ più di distribuzione non avrebbe fatto male. Così il pur bello “The favourite” di Yorgos Lanthimos (decisamente il suo lavoro più riuscito) si porta a casa il Gran Premio della Giuria e l’interpretazione femminile, vinta da Olivia Colman, strepitosa regina Anna d’Inghilterra, in un’opera perfida e crudele al femminile. Più discutibile il premio al miglior attore, assegnato a Willem Dafoe, che è pur sempre l’unica nota di rilievo di un film su Van Gogh sfacciatamente banale: tuttavia quella di Dafoe non è certo la sua migliore performance.
Come spesso accade il premio alla regia è abbastanza sbilenco. Certo “The Sisters brothers” è un buonissimo film, ma di regie migliori in giro per il Concorso ce n’erano parecchie, da Reygadas a Tsukamoto fino anche al controverso apparato estetico di László Nemes; così il riconoscimento a Jacques Audiard sembra un po’ il solito modo per ricordare un film altrimenti escluso. Lo stesso dicasi per il premio alla sceneggiatura dato ai fratelli Coen per “The ballad of Buster Scruggs”: curioso assegnarlo per un film a episodi. Qui era sembrata evidente la supremazia di Olivier Assayas per il suo “Doubles vies”, ma purtroppo il più bravo regista a interpretare la contemporaneità torna spesso a casa dimenticato, forse perché troppo intelligente, come anche stavolta.
È stata una Mostra più che buona, nella prima parte perfino ottima, purtroppo non sorretta dallo stesso livello dopo il giro di boa. Ma di film meritevoli di attenzione ne abbiamo visti diversi e quindi le promesse della vigilia, con un festival ricco di nomi e attese, non sono andate deluse. Venezia ha anche confermato di aver ormai riconquistato quel prestigio internazionale, appassito fino a qualche anno fa. Il Lido è tornato a essere un crocevia fondamentale per il cinema e la popolazione cinefila cresce. Si può essere soddisfatti.
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