Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Berlinale 66 /1 I Coen, gli alieni
e il cinema che si fa ben vedere

Venerdì 12 Febbraio 2016

Al via il 66° festival di Berlino. Coen divertenti, ma anche ormai fermi a un’idea ripetitiva di cinema; concorso partito senza entusiasmi, un po’ di ebbrezza per Jeff Nichols.
HAIL, CEAESAR!  di Ethan e Joel Coen (Fuori concorso) – Nella Hollywood primi anni ’50 viene rapito un attore. Negli Studios si girano innumerevoli film. Eddie Mannix è l’uomo incaricato dalle produzioni di risolvere eventuali problemi sul set. I Coen rimpastano se stessi: prendono “Barton Fink”, lo mescolano con “Il grande Lebowski” e il gioco è fatto. A tratti irrestistibile nelle situazioni e nei dialoghi (la disputa su come rappresentare Gesù, la lezione del regista all’attore incapace, il balletto del musical), ma anche la prosecuzione di un percorso che, nel filone grottesco-demenziale, con spunti parodistici, sembra non poter aggiungere ormai niente al cinema dei fratelloni. Spassoso, ma innocuo. Curioso avvio su un crocifisso di legno, al pari di Tarantino di “The hateful eight”, ma i Coen, nella lettura della “finzione” come specchio della realtà si fermano assai prima: non raccontano l’oggi e non sono, sorprendentemente, nemmeno feroci. Grande cast: da Clooney a Ralph Fiennes, da una doppia Tilda Swinton a Channing Tatum, da Josh Brolin all’emergente Alden Ehrenreich, più i camei di Scarlett Johansson e quello fantastico di Frances McDormand. Voto: 7.
HEDI di Mohamed Ben Attia (Concorso)
– Nella Tunisia d’oggi Heidi è un abile fumettista, ma è costretto a sbarcare il lunario lavorando nel settore della vendita d’auto. Sta per sposare una ragazza che però non ama, visto che i matrimoni sono ancora stabiliti dalle famiglie. In un hotel conosce un’animatrice con la quale ha un’intesa relazione. Al momento delle nozze dovrà fare i conti con il desiderio di seguire il cuore o restare (magari per combattere leggi sociali arcaiche) all’interno di una comunità ancora chiusa. Onesto, ma debole e didascalico, racconto di una infelicità dettata dalle usanze secolari, che per un’ora dice davvero poco e poi s’infiamma, mostrando le speranze di una nuova generazione, forse non ancora capace di affrontarle. Voto: 6.
BORIS SANS BEATRICE di Denis Côté (Concorso) –
Un uomo borghese di asciutta eleganza si arrovella per la moglie (ministro del governo) caduta in depressione. Comincerà a vedere fantasmi e a chiedersi se non sia anche colpa sua. Irritante parabola sull’uomo e l’altro sesso (in abbondanza: essere fedele non è il caso di Boris), gelida e stucchevolmente cerebrale, che porta a un insieme di quadri slacciati, senza che la storia per un attimo possa affascinare. Boris è un uomo insopportabile, la malattia di Berenice resta sospesa in un limbo artificioso. Il canadese Côté mostra la sua faccia più pretenziosa. Voto: 3.
MIDNIGHT SPECIAL di Jeff Nichols (Concorso)
– Alton ha 8 anni ed è un bambino speciale: possiede capacità paranormali e probabilmente è in contatto con mondi alieni. Per una setta del Texas è un autentico Messia. Ma scompare. A proteggerlo infatti è il padre (Michael Shannon), con il quale ha un rapporto privilegiato. In America si scatena una caccia all’uomo (e al bambino), guidata dall’Fbi. Jeff Nichols si conferma autore decisivo nella lettura del paranormale nella quotidianità di situazioni comunque limite, molto americane, dove fede, scienza e credenza popolare sono concertate in un unico piano narrarivo. Tra lo Spielberg di “E.T.” e “Incontri ravvicinati” e tutto Shyamalan, trova uno spazio autentico e autoriale, dimostrando, dopo “Take shelter” e “Mud”, di sapere raccontare e girare, tenendo alte tensioni e aspettative spettacolari. Se la new age è un po’ debordante e se la congiunzione dei due mondi alla fine può essere fin troppo vista, resta un film solido che si può leggere come romanzo di formazione di un ragazzo d’oggi che lascia la famiglia per affrontare il proprio destino. Voto: 7.
 
Ultimo aggiornamento: 17-02-2016 15:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA