Alle Gallerie dell’Accademia, a Venezia, nell’ala dell’edificio della Chiesa della Carità , si trova da oggi la stanza di Vedova, voluta dalla direttrice Paola Marini per ricordare Emilio Vedova nel luogo dove ha dedicato anni all’insegnamento e dove si era ricavato un’area personale per lavorare e per comunicare con gli studenti.
Non era facile “arredare”, interpretando il mondo del piuttore veneziano, questo fazzoletto di storia architettonica: i quindici metri quadrati dell’ “absidiola” che il restauro firmato da Carlo e Tobia Scarpa aveva lasciato alla bellezza rispettosa di piccoli fondamentali dettagli (come le colonnine di terracotta, il colonnato di pietra d’Istria) , gli ingressi - luce, le finestre che si affacciano sul Canal Grande e sul ponte dell’Accademia, sottolineate appena da severi profili metallici, la piccolissima scala d’accesso che conferisce segreto a questo spazio riservato che bisognava “vestire”. L’incontro di Paola Marini con “Sandrina” (Alessandra Bonetti Rubelli) fu determinante per l’assegnazione di un compito di interior design che oggi consente alla “stanza di Vedova” di proporsi - grazie anche alla sponsorizzazione generosa di Rubelli - alla visita del pubblico che in questo spazio minuscolo può ritrovare e conoscere un mondo che racconta la presenza virtuale del pittore. Pochissimi pezzi d’arredo: due poltroncine “Donghia” rivestite in tessuto “lacca” grigio e rosso marmorizzato con i due colori posti a confronto da un taglio che li separa coraggiosamente, un tavolino curioso, “origami”, sempre della stessa firma; un grande tavolo “da lavoro” in pelle nera “Serenissima”, rettangolare come il dipinto verticale di Vedova che domina la stanza, campito su un tessuto particolarissimo, (“katagami” della collezione Rubelli), grigio e bianco, con un design superclassico che richiama l’originale cinquecentesco custodito negli archivi Rubelli , proposto con una formula singolare che taglia il disegno rendendolo aderente alla contemporaneità dell’ambiente. Lo stesso tessuto che riveste solo parte delle pareti - nel rispetto del gioco ottico che aiuta la stanza ad apparire più ampia - è stato usato per le tende . Attorno al tavolo quattro “pozzetti” rivestiti sempre con il taglio che divide i colori grigio, rosso, blu, bianco e nero, i colori di Vedova, nel velluto “Dominique Kiffer” o il tessuto “Giotto”, o il “cuoridoro” ispirato a quello che possiamo ammirare nelle stanze del Doge in Palazzo Ducale.
C’è tutta la cultura veneziana in questa stanza-omaggio al pittore che a Venezia visse e dedicò tanta passione. Quindici metri quadrati in “soluzione diagonale”, nell’obliquità voluta da “Sandrina” per far sembrare la piccola stanza più grande , si propongono in un gioco visivo che è da solo un omaggio al “cacciatore di luce” che fu Emilio Vedova come lo racconta la sua “Immagine del tempo” , il dipinto (datato 1967) che domina la stanza.
Ultimo aggiornamento: 01:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA
MODI E MODA di
Luciana Boccardi