MODI E MODA di
Luciana Boccardi
Le 4 giornate di AltaRoma - Ma perchè
l'Alta Moda Italiana diventa "Atelier"?
Venerdì 2 Febbraio 2018
di Luciana Boccardi
Fagiani, struzzi, marabù: le piume che entrano ed escono dalla moda di ogni tempo fin dal loro primo apparire (sono state il primo “vestito” della storia) hanno consentito ad Anton Giulio Grande di immaginare un salotto del primo Novecento, dove tante Marchesa Casati (colei che D’Annunzio definì “l’unica donna che mi abbia sbalordito”) agitano ventagli da Moulin Rouge, guatano sotto l’ala complice di cappelli alla Boldini. “Perché gli anni Venti”? - “Per lanciare un messaggio che aiuti a riscoprire l’eleganza vera di cui oggi c’è bisogno come dell’aria. Vestirsi - risponde lo stilista - vivere gli abiti come messaggi di comunicazione”. Siamo nella zona calda della moda, a Roma dove dal 25 al 29 gennaio AltaRoma ha scatenato un calendario anche troppo ricco di idee, eventi, spunti, occasioni legate all’universo del “vestire” e alla sua cultura. Molto spazio ai giovani ma anche all’Alta Moda che non significa attestato di qualità e bellezza ma tecnicamente con il “fatto a mano” ovvero tessuti, forbici, ago , filo, abilità e creatività e per questo prodotto artisticamente più pregiato. In AltaRoma l’alta moda italiana - ciò che ne resta visto che con l’abiura alla quale il termine originario , oggi del tutto cancellato, è stato sottoposto in Italia - si è in gran parte trasferita a Parigi dove la Chambre della moda organizza due volte all’anno un calendario di “haute couture” . Ma finchè un sarto decida di confezionare un abito a mano l’”alta moda” esisterà in Francia , in Italia , in Senegal, ovunque si proponga un prodotto di atelier. “Atelier” infatti (qualche volta sostituito da “In town”) è il termine che da questa edizione AltaRoma ha coniato per sostituire l’etichetta tabù, “alta moda.
Alta Moda Italiana (e non “atelier” come vorrebbe la nuova etichetta sostitutiva) è la collezione di Renato Balestra, maestro di eleganza a tutto tondo , una delle glorie storiche dell’Alta Moda italiana, che ha presentato una capsule superba, di abiti che raccontano poesia, un racconto verde in una sorta di sogno sull’erba: preziosissimi fili d’erba infatti sono ricamati, applicati, in seta, strass, paillettes, su abiti applauditi a scena aperta.
Sotto “Atelier” anche Camillo Bona, grande creatore il cui nome – fiore all’occhiello dell’alta moda italiana - non è mai stato contaminato da suggestioni men che all’altezza di un tono alto sempre rispettato. Ispiratrice di questa collezione P/E 2018, Silvana Mangano.
Sabrina Persechino, per “Atelier” (alta moda italiana) , ancora una volta ha abbinato le sue creazioni a modelli architettonici (non a caso lei stessa è un architetto) avviando il suo nuovo look (“Elektron”) sulla via dell’ambra, quella resina che sembra elettrizzarsi per strofinio tanto da assumere in greco il nome “Elektron” che la stilista ha voluto per questa collezione.
In “Atelier” ecco Gattinoni, firma di punta del panorama italiano d’alta moda che, ripassando il suo preziosissimo archivio (che raccoglie creazioni di Fernanda Gattinoni, di Raniero e infine quelle che da tanti anni – con la direzione manageriale di Stefano Dominella - firma Guillermo Mariotto), ha dato vita alla collezione “Heritage” P/E 2018. Frammenti di capi storici Gattinoni , reinterpretati dallo stilista con mano sicura , hanno meritato varie standing ovations con la sfilata presentata nella Sala Ottagona delle Terme di Diocleziano, presente anche il sindaco di Roma, Virginia Raggi. A completare i “quadri” da esposizione Gattinoni, l’eleganza in testa con coppole, trilby, cioches, berretti, caps, fedora, cloches a grandi o piccole ali: l’intero universo Doria saccheggiato da Mariotto per “Heritage”.
Nel calendario romano, l’alta moda di Francesco Scognamiglio (sempre sotto la definizione di “Atelier”). Lo stilista ha festeggiato i suoi primi vent’anni di attività presentando nella Galleria d’Arte Moderna di Roma angeli e divinità pagane, donne belle profumate di attualità in abiti di altissima caratura che giustificano il successo che due stagioni fa a Parigi elesse lo stilista pompeiano “nuovo principe” dell’alta moda italiana.
Se invece di “Atelier” scrivessimo com’era sempre accaduto prima del “veto” semantico, “Alta Moda Italiana” ? Perché questa definizione che a tutt’oggi ingloba firme e presenze importanti e che domani potrebbe produrre nuovi astri - come nel passato produsse i Valentino, Sarli, Capucci, eccetera – è stata addirittura soppressa e sostituita da termini “affini”? Non piace? Maria Grazia Chiuri, direttore artistico di Dior, nel corso del talk show organizzato nel quadro di AltaRoma ha parlato e molto dell’alta moda italiana come di qualcosa che non è mai morto: esiste, c’è e - se ben supportata (anche sotto il profilo etico che non ne offuschi l’identità) - non avrà timore di gareggiare senza complessi nei confronti di Parigi. O no? Ultimo aggiornamento: 03-02-2018 10:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA