MODI E MODA di
Luciana Boccardi
La moda e la maschera: il gioco
della verità
Venerdì 16 Febbraio 2018
di Luciana Boccardi
Finito da pochi giorni, il Carnevale, soprattutto a Venezia che è la sua culla storica naturale, lascia qualche residuo di coriandoli, qualche foto che documenta attimi di innocua follia, qualche commento su ciò che è passato, sugli eventi più o meno apprezzati, sui costumi che sembrano gli unici testimoni palpabili di un’orgia del fantastico, del fantasmatico: il Carnevale che sopravvive da secoli spaziando sull’invenzione, sulla bugia esistenziale che è alla base del mascheramento. In Carnevale niente è vero , neanche la tua persona che nel costume che ne altera il carattere, le consuetudini, il tempo è altra; neanche il tuo viso alterato da maschere che ne nascondono i tratti riconoscibili.
Questa l’essenza del Carnevale, la stessa che però letta al contrario, possiamo applicare alla moda: ” lo spazio di un attimo che rende viva la moda, qualunque essa sia, è a suo modo una verità. Di abiti, accessori, decorazioni che ad ogni secolo hanno fatto vivere di contemporaneità, resta un ricordo affidato a una foto, un disegno, un racconto fanè: un “costume” senza anima.
“Superbi, bellissimi, preziosi, spesso i costumi del Carnevale non hanno anima” - mi conferma uno stilista di grande sensibilità, Ildo Bonato, uomo di stile, di trend nella moda contemporanea e uomo di sapere nella cultura di un passato - soprattutto veneziano - che del Carnevale e della moda vorrebbe trovare l’essenza segreta.
Moda e Carnevale non hanno nulla in comune se non l’effimero che in ogni caso rappresentano: niente di più sbagliato di un evento-moda, così come lo conosciamo nel nostro tempo - per esempio una sfilata di abiti contemporanei - inserito nello spazio del Carnevale. Due cose che fanno a pugni perché la prima, la moda, vuole lasciarti inventare una realtà che c’è, che deve esserci perché quel personaggio che ci propone una collezione deve identificarsi con te che indosserai quegli abiti, quei dècors. Il Carnevale, al contrario, vuole farti uscire dalla tua identità, la altera in ogni modo, ne cambia i connotati, l’epoca, parlando di un tempo che tu non hai mai conosciuto e che immagini di esplorare, di far rivivere, con la pausa della ragione che accompagna il travestimento carnevalesco. Capire l’anima del Carnevale è il segreto di una dimensione che si è riaffacciata, timida ma efficace, nell’ultima edizione del Carnevale veneziano, con iniziative sommesse, eventi inediti, di “piccolo cabotaggio” ma di bella cultura veneziana. Curiose acconciature in cartoncino bianco e segni graffiti neri tracciati da Ildo Bonato per raccontarne in pochi tratti epoca e destinazione , hanno caratterizzato delicatamente una serie di incontri-spettacolo nello spazio del Museo di Casa Goldoni, dove, in una immaginaria “stanza della cipria” - per la regia di Sergio Berto , attore e autore di eventi straordinari sono arrivate schegge raffinate di un Carnevale popolar-elitario che evidentemente resiste sotto le ceneri di costumi e maschere logorate dal tempo. Agli incontri sorretti dalla lettura di testi goldoniani - interpreti Sergio Berto e Nora Fuser, con la complicità del mascheraio Giorgio De Marchi e di Francesca Pederoda , direttrice del Museo di Casa Goldoni che ospita forme inedite di intrattenimento elegante.
Varie volte nel mondo della nostra moda contemporanea , per una sfilata che presenta un look eccessivo, privo di misura, volgare, ci accade di definirla tout court “moda da Carnevale”, “costume”. Perché un costume è il falso che diventa verità mentre la moda da sempre si impone di rendere falso il vero , imbruttire una bella donna, farla camminare come un canguro su tacchi estremi, dimagrirla a simil-scheletro, giocare ai finti poveri lacerando e bucando i jeans, esibire la ricchezza più sfrenata con cascate di brillanti… falsi. C’est la mode!
Ultimo aggiornamento: 13:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA