Tra i compiti dell’Accademia Italiana della Cucina c’è soprattutto l’impegno culturale della conservazione di alcune tradizioni che compongono poi la storia della gastronomia e insieme il riassunto della nostra stessa storia. Compito arduo che esige un apporto culturale inteso nel senso più ampio. Una finalità che è emersa perfettamente con TASTE che a Firenze viene allestito ogni anno da Pitti per fare un punto sul settore che dalla cucina ci porta alla vita di ogni giorno con abitudini che raccontano chi siamo e da dove veniamo.
L’Accademia Italiana della Cucina, e in part6icolare la Delegazione di Venezia , guidata dalla sensibilità e dalla convivialità di Rosa Maria Lo Torto , tiene in massimo conto la qualità e il rispetto per la storia di cibi che si tramandano con successo da generazioni. La più recente puntata di questo percorso che ogni volta si propone come un evento gradevole e interessante ha visto i soci dell’Accademia di Venezia riuniti in un locale che nel capoluogo lagunare rappresenta davvero una tradizione certa, una sua storia che si fonde con il divenire degli eventi di questa città vista e visitata da milioni di persone ma conosciuta nella sua verità da pochi eletti.
Appuntamento da “Remigio”, in salizzada Sant’Antonin, un locale che nasce negli anni del dopoguerra, per la volontà di Remigio che rileva la vecchia osteria ricavata nel piano terra della casa dove nacque nel 1852 Giacinto Gallina che nella presentazione della Lo Torto si propone come “l’inquieto e timido” autore di commedie in dialetto veneziano, notissime (tra le più rappresentate anche in tempi recenti “La famegia de l’antiquario” , “Zente refada” , “Senza bussola). Una lapide ricorda sulla facciata la nascita del commediografo venezianissimo , e la venezianità si propone a tutto tondo ancora oggi nell’accoglienza gastronomica di questa “osteria nobilitata”, la trattoria “Da Remigio”, tuttora gioiello di famiglia perché condotta dal figlio di Remigio, Pino con l’apporto societario del bravissimo Fabio, entrambi custodi severissimi dell’autenticità della cucina veneziana ,ovviamente dedicata con privilegio al pesce.
“La conoscenza del pesce e dei migliori modi per cucinarlo – afferma il prof. Capatti , citato dalla presidente della Delegazione veneziana dell’Accademia in apertura di conviviale – è uno di quei punti magici in cui la sapienza del cuoco professionista e cosmoplita incontra e collioquio con la pratica della gente e con la cultura di territorio”.
“Da Remigio” - per la conviviale dell’Accademia - Il pesce è stato protagonista assoluto di una cena indimenticabile che pone la qualità di questa nobilissima “osteria veneziana” nei primi posti di un itinerario gastronomico di autentica venezianità. Garusoli, granceola, canoce, moscardini, sardele e sardelete, gamberetti e peoci, canastrelli e sepoline, cape sante e schie con polentina rigorosamente bianca (alla veneziana). Risotto di pesce, gnocchetti alla pescatora, triglie su letto di castraure e…vini per palati raffinati: Durello, Bracco, Malvasia (il vino che un tempo a Venezia – bevuto nello spiazzo antistante l’ingresso di Palazzo Ducale - siglava l’entrata tra i “savi” di un giovane patrizio).
Un suggerimento affettuoso dall’Accademia ha sottolineato l’opportunità di dotare le pareti o il soffitto della bella trattoria di qualche elemento che attenui l’eccesso di rumore. A me un giorno lontano, un architetto entrato nella storia della modernità a Venezia, Carlo Scarpa, nel corso di una conversazione in casa di Neri Pozza che aveva per oggetto appunto l’eccesso di rumori in un locale pubblico, disse che era piuttosto semplice: “è sufficiente mettere alle pareti delle tende o al soffitto una stoffa , anche in sezioni tagliate “. Trasmetto il suggerimento, immaginando che oggi sia un provvedimento abbastanza noto.
Ultimo aggiornamento: 21:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA
MODI E MODA di
Luciana Boccardi