Festa di compleanno – 70 anni esatti – per la pubblicazione della prima ricetta della carbonara, il piatto italiano più (mal) interpretato al mondo, secondo l’Accademia Italiana della Cucina.
Carbonara day il 6 aprile: compie 70 anni il piatto più amato e replicato al mondo
PASSIONE
Eppure la carbonara era già diventata piatto identitario d’Italia e della Dolce vita. Ne andava matto, per esempio, Gregory Peck nelle pause delle riprese di Vacanze romane. Passione che è cresciuta in modo esponenziale in tutto il pianeta, come testimonia il Carbonara Day che si celebra oggi con una maratona social a partire dalle 12 su Instagram, Facebook e X. Lo scorso anno furono più di un miliardo le interazioni nelle 24 ore dell’evento organizzato dall’Unione Italiana Food. «La carbonara – afferma Margherita Mastromauro, presidente dei pastai italiani - rappresenta il piatto della rinascita, che segna l’uscita dalla guerra e l’inizio del boom economico. È sinonimo di libertà e le tante versioni di questo piatto ne sono la prova». Nell’impossibilità di individuare l’equazione della “carbonara perfetta”, è quasi più facile dire che “la carbonara non esiste”, per citare i titoli di due recenti pubblicazioni sul tema. «Abbiamo organizzato la ricorrenza – aggiunge Mastromauro – per andare oltre l’idea di ricetta ideale. La pasta ha così successo perché è buona e versatile e come il mondo è bella perché è varia». Il New York Times ha contato oltre 400 varianti di carbonara (salsiccia, uso della panna e formaggi non adatti sono gli errori principali). Anche gli chef più o meno stellati non difettano di fantasia, perfino a Roma dove il giapponese Kotaro Noda glassa il guanciale in forno e coagula le uova a bagnomaria a 62°C.
ALTRE VERSIONI
Il tristellato Heinz Beck fa invece una specie di ravioli ripieni di carbonara e Gabriele Bonci s’è inventato il supplì con gli spaghetti che sostituiscono il riso, conditi con tuorlo d’uovo sbattuto, guanciale croccante, pecorino e una spolverata di pepe. Sempre a Roma è un richiamo alla carbonara l’antipasto di Roy Caceres: uovo cotto a 65° C, coperto da una spuma di pecorino e parmigiano. Insomma, come in ogni religione il sacrilegio è in agguato. Sin dall’attribuzione delle origini. La versione più credibile ne data la nascita durante la seconda guerra mondiale quando gli italianissimi pasta e formaggio incontrarono la Razione K (uova e bacon) dei soldati americani. Per altri è l’evoluzione ad opera dei carbonai dell’Appennino della cacio e ova. In Romagna dicono che sia stata creata dai contadini dell’entroterra di Rimini e a Napoli come declinazione di alcune ricette a base di uovo e formaggio di fine Ottocento. Prima o poi – stiamone certi – verrà fuori qualche americano ad accamparne la paternità, come già avviene con la pizza.