Dall'acciaieria di Mariupol a Pineto, la storia di due sorelle ucraine: «Lavoriamo in Abruzzo per comprare una casa a Leopoli»

Questa estate sono state impiegate nel settore alberghiero e ora stanno cercando un'altra occupazione. Il racconto choc: "Persi mia figlia sotto i bombardamenti, quando l'ho ritrovata non potevo crederci"

Mercoledì 4 Ottobre 2023 di Agostina Delli Compagni
Dall'acciaieria di Mariupol a Pineto, la storia di due sorelle ucraine. «Persi mia figlia sotto i bombardamenti, quando l'ho ritrovata non potevo crederci»

Quando chiude gli occhi, Yuliia Parashchevina, 42 anni, ripensa ai carri armati, ai cadaveri e alle bombe su Mariupol mentre Yevheniia Petukhova, 40 anni, rivive il vuoto incolmabile per non poter trovare sua figlia di 17 anni che, dopo le prime esplosioni e durante la fuga da casa, smarrisce il suo cellulare. Sono due sorelle unite dal
dolore provocato da una guerra, difficile da lasciare andare. Dallo scorso marzo vivono a Pineto, in provincia di Teramo, ospiti dell’associazione Arci, e sono determinate a ritrovare un po' di meritata serenità. Prima dello
scoppio della guerra, Yuliia e Yevheniia lavoravano nell’acciaieria Azovstal, fondata nel 1930 e chiamata “la città nella città”: un’area di 11.000 chilometri quadrati pari ad un quinto di Mariupol. «Erano le cinque e mezzo del mattino - spiega Yuliia- del 24 febbraio 2022 ed ero in auto, stavo andando a lavoro. Inizio a sentire i primi bombardamenti. Verso le 11 del mattino ci dicono di andare via e che ci avrebbero ricontattati più tardi». Lo stabilimento, oltre ad essere centrale nell’ambito commerciale, è anche l'ultimo presidio della
resistenza ucraina nella città portuale.

«I militari russi - continua Yuliia - volevano prendere Azovstal. I civili si sono barricati dentro per due mesi. Non potevamo uscire nemmeno per prendere un po’ d’aria a causa dei bombardamenti. I militari ucraini ci portavano il cibo. Dentro non potevamo usare i cellulari. C'erano adulti e bambini, incluse persone che morivano davanti ai nostri occhi senza braccia o gambe. Sono suoni e immagini che non potrò mai dimenticare. Dopo due settimane lì dentro mi sono diretta a Leopoli e ho atteso l’arrivo di mia sorella». Yevheniia raggiunge la sorella a Leopoli solo tre mesi
dopo. Nonostante le sue ricerche e quelle dei suoi familiari siano interrotte, per un mese non ha nessuna notizia di sua figlia. È un problema che, purtroppo, colpisce numerose famiglie. Oltre alle perdite umane, molti genitori ucraini non riescono a trovare i loro figli: scappano senza prendere il loro cellulare o lo perdono lungo la fuga tra le bombe. «Lo ricordo - sottolinea Yevheniia ancora visibilmente commossa - come il periodo più brutto della mia vita. Mia figlia, allora quindicenne, perse il suo telefonino durante i primi bombardamenti. Quando l’ho riabbracciata non potevo crederci».

A Leopoli le due sorelle salgono su un bus diretto a Giulianova: arrivano il 23 giugno, dopo due giorni di viaggio. Da giugno ad agosto del 2022 le due donne soggiornano in un hotel di Prati di Tivo. Poi vivono in un hotel a Scerne di Pineto. Dalla scorsa primavera sono ospiti dell’associazione Arci di Pineto. Durante l’estate hanno lavorato presso un albergo e adesso cercano un nuovo impiego. «Qui sulla costa abruzzese - conclude Yuliia - ci troviamo
benissimo. Il cibo e la cucina italiana sono ottime. Siamo circondate da brave persone, sempre con il sorriso. Pineto, Roseto e Giulianova sono dei splendidi posti ma Teramo è molto simile a Leopoli nella sua architettura, ci piace davvero tanto. Ciò che ci manca di più è la famiglia che attualmente vive vicino Leopoli: nostra madre, le nostre tre sorelle e la figlia di Yevheniia.

Stiamo lavorando tanto perché, una volta tornate, compreremo loro una casa. La nostra, purtroppo, non c’è più».

Ultimo aggiornamento: 12:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA