Renzi attacca, il Pd si spacca in due

Mercoledì 6 Maggio 2015
I conti in casa si fanno nei congressi non all'Expo o, peggio, durante le campagne elettorali. «Così ci facciamo del male» dice Davide Zoggia, parlamentare del Pd veneziano tra i "maledetti" domenica da Matteo Renzi: il numero uno del Partito per tre volte ha ripetuto che il Pd a Venezia ha fallito.
Perché l'ha fatto? Dietro le quinte c'è chi dice volesse aiutare Felice Casson a differenziarsi per alleviare le conseguenze dello scandalo Mose, chi invece punta dritto alle correnti del Partito, sostenendo intendesse bastonare i bersaniani che si accingevano a votare (l'altro ieri) contro l'Italicum a Roma, e a Venezia ci sono Delia Murer, Michele Mognato e Davide Zoggia che al Toniolo domenica mattina non si sono visti; avrebbe, inoltre, preso due piccioni con una fava colpendo con Casson pure l'area cuperliana che in laguna era potente ed è rimasta con Sandro Simionato candidato in Regione, Gabriele Scaramuzza in Consiglio comunale ed Emanuele Rosteghin, segretario comunale. C'è voluto un giorno per valutare le bordate del premier. Ieri i rappresentanti del Pd locale hanno parlato.
«Qualsiasi cosa volesse fare, ha sbagliato contesto perché dobbiamo lavorare tutti insieme per far vincere le elezioni e non per far sentire parti del partito indesiderate o straniere in casa propria» continua Zoggia.
Michele Mognato, invece, taglia corto: «Io non faccio commenti né polemiche, lavoro perché il Pd a livello comunale e regionale abbia un bellissimo risultato, e quindi perché Casson diventi sindaco e la Moretti governatrice».
E Felice Casson? In questi giorni non ha aperto bocca sull'argomento, però risponde che condivide «la necessità di cambiare nettamente. Al di là delle responsabilità di singoli, c'è bisogno di dare ai cittadini un'immagine diversa di chi dirige la politica e dei manager. In città non mancano le professionalità di alto livello, bisogna valorizzarle».
Pure l'ex assessore Andrea Ferrazzi, renziano della prima ora, dà ragione al premier: «Io sono stato uno di quelli che, scoppiato lo scandalo Mose, ha detto di staccare la spina, a prescindere dal fatto che il Comune non c'entrava anzi è parte lesa».
Chi, invece, difende a spada tratta la passata Amministrazione è l'ex vicesindaco Sandro Simionato: «In questi ultimi anni, lottando anche contro il patto di stabilità, abbiamo fatto ciò che ci veniva chiesto: salvaguardare i livelli di servizio per la città e contemporaneamente mettere in fila i conti per il Comune. Ad ogni modo in questa fase io sono per portare voti ai nostri candidati per dare alla città un governo dopo la pesante presenza del commissario e per liberare la Regione da 20 anni di asfissia prodotta da FI e Lega».
E il segretario comunale del Partito? Per lui è tutto un equivoco, Renzi voleva dire altro. Ieri sera Emanuele Rosteghin era ad ascoltare Debora Serracchiani, la numero due del Pd giunta a Mestre due giorni dopo il capo: «Anche lei ha spiegato che Matteo, parlando di fallimento, si riferiva al commissariamento della città. Mentre il Pd veneziano e nazionale, invece che far finta di niente, ha con coraggio e con senso di serietà, fatto la scelta di chiudere l'esperienza amministrativa, pur prendendo atto che non vi è nessun atto giudiziario contro il Comune. In Regione per intenderci nessuno si è dimesso».
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