Marco Franzato, l'ultimo "fenestrer" Restaura vetrate e antichi rosoni e insegna agli allevi dell'Abate Zanetti

Lunedì 1 Settembre 2014
Marco Franzato, in arte "Mato", è l'ultimo fenestrer del centro storico. La sua bottega sta in campo Santa Maria Mater Domini. Classe 1973, completa gli studi all'istituto d'arte di Venezia con un biennio di perfezionamento sull'arte vetraria. «La mia professoressa aveva un piccolo laboratorio di restauro di vetrate e lo stava chiudendo – racconta Marco – così io sono subentrato e da 21 anni continuo». Originale creatore di oggetti, gioielli e complementi d'arredo con varie tecniche di lavorazione del vetro: dalla fusione al vetro a lume all'incisione e alla decorazione ma soprattutto ottimo interprete di quel connubio tra vetro e metalli che sono le vetrate artistiche legate a piombo e la tecnica Tiffany, tecniche che insegna dal 2002 alla scuola internazionale del vetro Abate Zanetti di Murano.
«La tecnica delle vetrate legate a piombo ha subìto ben poche variazioni lungo la sua millenaria storia, la difficoltà maggiore di chi si cimenta in quest'arte sta probabilmente nella progettazione, aver coscienza del risultato finale prima di cominciare per poi agire di conseguenza in tutte le fasi, conoscere i propri limiti e le proprie potenzialità per poter rispondere con il massimo della competenza alle esigenze riscontrate».
Marco Franzato spiega brevemente come si svolge il suo lavoro. «Il primo passo, la preparazione dei cartoni, richiede attenzione per facilitare il compito seguente, il taglio dei vetri che deve a sua volta essere preciso se non si vuole incontrare difficoltà nella piombatura. Il profilo di piombo con sezione ad H viene poi saldato a stagno e brunito. La stuccatura e il rinforzo con ferro completano il lavoro». Tra i suoi lavori più importanti i vari restauri di alcuni rosoni di palazzo Ducale. Il restauro del rosone della cattedrale di Bolsena e da ultimo il rifacimento della vetrata di palazzo Papadopoli sede del lussuosissimo albergo Aman.
«Cerco di trasmettere questa tradizione. Si dovrebbe cominciare a seminare di nuovo perché Venezia si è mantenuta e si mantiene ancora sul passato. Oggi parecchio si basa sulla qualità spicciola a scapito della qualità. Le due facce della città che comincia la sua saturazione. Adesso però forse è arrivato il momento di tornare un attimo indietro».
Effettivamente in un momento in cui si discute di turismo selvaggio e di numero chiuso, da tanto tempo, di spopolamento della città, da tanto tempo, di arti e mestieri che se ne vanno, da tanto tempo, di crisi e disoccupazione, da tanto tempo; il ritorno ai vecchi mestieri, all'artigianato, potrebbe essere la nuova strada. Quelli come Marco resistono con dignità.
Paolo Apice

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