Il giorno dopo è quello del silenzio. Della normalità. Del dolore

Lunedì 14 Dicembre 2015
Il giorno dopo è quello del silenzio. Della normalità. Del dolore che da emozione collettiva diventa privata. Le luci sul dramma di Valeria Solesin si spengono per i grandi network e gli inviati ma resta chiaro e palpabile per la famiglia. Non solo per le rose bianche che mani delicate hanno lasciato davanti alla porta di casa in calle Colombina a San Marcuola ma perché adesso bisogna pensare ad elaborare tutto, a tornare a vivere. Ieri è iniziato un modesto e non invadente pellegrinaggio alla tomba di Valeria a San Michele. Nel giorno in cui, tra l'altro, il presidente della Repubblica Mattarella dedica la giornata contro la violenza sulle donne proprio a Valeria.
Monsignor Fornezza, il delegato patriarcale dell'isola cimiteriale veneziana e vicino di casa dei Solesin ieri ha incrociato nuovamente papá Alberto proprio a due passi dalla chiesa di San Marcuola. «Mi ha rinnovato i ringraziamenti per quanto fatto e detto prima in occasione della sepoltura - dice - e mi ha detto una frase che mi ha colpito molto. "Ora se ne è andata davvero". Segno che la famiglia dopo il grande clamore del funerale di Stato adesso sta realizzando veramente quanto accaduto ed ha solo bisogno di serenitá di pace». Il ponte, la borsa di studio, la veritá su come sono effettivamente andate le cose quella sera al Bataclan, ora per i Solesin poco importa. C'è la tranquillitá da recuperare. Quella che dará la forza di andare avanti, nel ricordo di Valeria, di quello che era e di quello che ha lasciato.
La famiglia Solesin è ancora unita. A Venezia è rimasto anche il fidanzato Andrea che, forse, solo oggi rientrerà dalla sua famiglia a Drò in Trentino. La tragedia della morte di Valeria ha colpito due famiglie, due comunità, quella veneziana e quella trentina che martedì era presente in maniera numerosa per il funerale. «Gli amici dell'universitá, di Valeria ma anche di Andrea di Trento ma anche di Verona hanno organizzato anche un pullman per non mancare - racconta Flavia Angeli, la zia del fidanzato - È stati come rispondere attratti da una calamita di nome Valeria. Io l'avevo incontrata poche volte, ma la sentivo spesso. Mi ha sostenuto e aiutato nel mio impegno come presidente delle donne artigiane e nella mia candidatura con consigli e suggerimenti. Mi diceva sempre: "Flavia dai vieni a Venezia che ti porto un pò a conoscere la cittá". Alla fine mi ha costretta a venirci per dirle addio. Devo dire che grazie a lei, a questi giorni di grande sofferenza ma anche di grande forza ho trovato in me nuovi stimoli per andare avanti nel mio lavoro e nei miei progetti. Lo devo a lei, a quello che lei mi ha lasciato in ereditá».
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