Cordata per il casinò Riecco il Palais Lumière

Domenica 21 Dicembre 2014
Gianni Corradini ha i finanziatori pronti a mettere 350 milioni di euro per costruire una nuova Casa da gioco di quinta generazione e acquisire la gestione del Casinò di Venezia. Il gruppo di Pierre Cardin, a determinate condizioni, è disponibile a riprendere il progetto del Palais Lumière. E le due cose potrebbero sposarsi.
Andiamo con ordine. L'architetto Alvise Ferialdi del comitato "SIamo Palais Lumière" poco tempo fa ha parlato con l'ingegnere Rodrigo Basilicati, nipote di Pierre Cardin: «Mi ha detto che, se ci sono i presupposti, se ne può parlare. Non mi ha specificato nulla, c'è sicuramente qualcosa sotto che si sta muovendo ma fino a che non ha certezze non si può esprimere. Il Casinò potrebbe occupare un'ala della torre». E la cosa viene riportata anche da altri personaggi vicini allo stilista italo-francese e al mondo che lo aveva sostenuto nell'avventura veneziana.
Poi c'è l'ex amministratore delegato del Casinò di Venezia Gianni Corradini il quale dice che non tornerebbe ai vertici della società veneziana «nemmeno se me la regalassero. Con la mia famiglia ho già sofferto troppo» dice facendo riferimento alla sua defenestrazione, alle cause che ne sono seguite (e che ha vinto), all'irruzione di un commando nel suo studio da commercialista a San Donà e al sequestro della sua famiglia (i banditi sono stati arrestati e condannati).
Le voci che lo davano tra i pretendenti a uno dei due posti lasciati liberi dalle dimissioni del presidente Massimo Miani svaniscono così nel nulla. Corradini, però, spiega di avere un progetto e anche un finanziatore non tanto per salvare il Casinò («nessuno e, soprattutto, nessuna pezza per quanto grande, potrebbe salvare dalla morte la Casa da gioco attuale») ma per realizzare il Casinò del futuro «che potrà tornare a essere una fonte primaria di finziamento per la città di Venezia».
Se ha la soluzione in tasca, cosa aspetta a metterla a disposizione del Comune? «Non ho nessun legame o obbligo con Venezia e non sono Babbo Natale. Sono un professionista che ha contatti seri e reali con il mondo del gioco. Se il commissario prefettizio lo ritenesse dovrebbe darmi un incarico di consulenza, pagato, e in due mesi sarei in grado di mettere in piedi l'operazione. Dopodiché io mi leverei di mezzo e pure il commissario cederebbe la poltrona al nuovo sindaco lasciando un'eredità per cui essere ricordato: il padre nobile del rilancio della Casa da gioco».
Il Comune non ha nemmeno i soldi per rispettare il Patto di Stabilità, figurarsi per pagare un consulente. «Basta azzerare il Consiglio di amministrazione del Casinò e lasciare la società a un sub commissario. Con i soldi risparmiati pagherebbe il progetto».
Lei dice di avere investitori pronti a mettere 350 milioni di euro. Perché, dunque, non hanno partecipato al bando del Comune? «Sono imprenditori coraggiosi che ogni anno investono 5 miliardi di dollari nello sviluppo del mondo che gira attorno ai giochi, ma non sono pazzi. In quel bando non c'erano le condizioni».
Quali sarebbero, allora, le condizioni per poter realizzare l'operazione? «Primo: un contratto di management per 30 anni, e fuori la politica. Secondo: il Comune avrà il 51% delle quote, il diritto di votare il bilancio ma non potrà avere nessun altro tipo di ingerenza, si prende gli utili e basta, mentre la gestione, ripeto, va data a un management internazionale».
Perché esce adesso quest'idea? «Perché un'occasione come questa non si ripeterà più, la presenza del commissario e la contemporanea assenza dei politici. Attendere oltre, temo significherebbe la morte del Casinò».
Elisio Trevisan

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