Bricola in cabina, fascicolo al Pm

Lunedì 20 Ottobre 2014
(g.prad.) Il fascicolo penale per l'incidente di venerdì - quando una bricola si è conficcata nella cabina di un motoscafo Actv alla Palanca, ferendo sette persone - è sul tavolo del magistrao di turno, Lara Cameli, che su relazione della Guardia di Finanza dovrà accertare eventuali responsabilità. E si attendono anche i risultati delle altre due inchieste, quella amministrativa della Capitaneria di Porto e quella interna di Actv.
Ma nel frattemoo, oltre alle polemiche, sono i danni di chi è rimasto coinvolto, ma soprattutto la paura di quei tragici momenti a essere ancora vivi. Sette i feriti trasportati tra l'Ospedale Civile di Venezia e l'Ospedale dell'Angelo, perché, secondo indiscrezioni, pare che il pronto soccorso lagunare fosse troppo affollato per accoglierli tutti assieme nello stesso momento. Cristina D. M., veneziana di 59 anni, ha subito un vero incubo. Al Civile è rimasta fino a venerdì sera, le è stato applicato un tutore al braccio per la contusione contratta alla spalla che dovrà tenere almeno per una settimana. «Sabato al mio risveglio avevo ancora dei cocci di vetro tra i capelli – spiega la donna – è stato un miracolo che non mi sia seduta nel mio solito posto, proprio all'altezza di dove è entrata la bricola». La veneziana sonnecchiava al momento dell'incidente, il brusco risveglio al contraccolpo del mezzo sul pontone della chiatta. «Sto ancora elaborando quello che è accaduto: la botta alla spalla e l'esplosione di molti finestrini, anche sopra alla mia testa. Ho visto la gente che si ammucchiava urlando, chi saliva in piedi sui sedili e chi si accucciava nel tentativo di salvarsi. Solo dopo ho visto arrivare le due travi della bricola (che si era spezzata in due parti sul montante della porta a poppa)».
In realtà, non è stata la bricola ad entrare nella cabina, ma il motoscafo ad andarle incontro in retromarcia, infilzandosi come uno spiedo. «Ridevo e piangevo contemporaneamente per l'adrenalina – aggiunge la 59enne veneziana - ricordo il sangue, quello della signora seduta nella mia stessa fila dall'altra parte del mezzo che si è tagliata al braccio ed è rimasta bloccata dalla trave, e quello della signora ucraina che sembrava avesse un buco in testa, distesa per terra sotto la trave”». Cristina aveva un braccio dolente, ma con l'altro ha aiutato la turista ad alzarsi da terra e assieme hanno cercato di raggiungere l'uscita.
Seduto tra i sedili in fondo al motoscafo c'era Luciano Perini, che si è visto passare a una decina di centimetri dal viso una delle due travi. «Nel panico ho tentato di aprire il finestrino per cercare di buttarmi fuori – spiega Luciano – soffro di pressione alta e venerdì era schizzata a 200, ho dovuto prendere delle gocce e la notte ero troppo agitato e non sono riuscito a chiudere occhio». L'uomo ricorda la serie di forti rumori che echeggiavano nella cabina, l'esplosione di alcuni finestrini, lo stridere della trave che entrava veloce distruggendo i sedili, le urla della gente. «Una scena che ricorderò finchè campo – aggiunge Luciano – se solo ci fosse stata gente in piedi al centro della cabina, come d'estate, o qualche passeggino, sarebbe stata una carneficina».
«Non è stato semplice andarsene dal motoscafo – ricorda Perini – avevamo le travi a bloccarci la strada, oltre ai sedili rotti. Gli operai della chiatta sono entrati a darci una mano. Mi auguro che l'inchiesta faccia luce sulle responsabilità».
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