«Terroristi, pentitevi e cambiate vita». Con una forza senza precedenti

Mercoledì 25 Novembre 2015
«Terroristi, pentitevi e cambiate vita». Con una forza senza precedenti nei suoi discorsi e nelle sue omelie, il patriarca Francesco Moraglia ha lanciato da piazza San Marco la sua invettiva contro i miliziani dell'Isis che uccidono nel nome di Dio. Il funerale civile di Valeria Solesin è stato l'occasione per monsignor Moraglia di rispolverare il monito che papa Francesco aveva lanciato lo scorso aprile nei confronti dei mafiosi e, ancora prima, l'anatema di Giovanni Paolo II ad Agrigento del 9 maggio 1993: «Lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta, un giorno, verrà il giudizio di Dio».
«Perché? Come avete potuto? - ha detto agli "uomini e donne del terrore" - la vostra cultura ci fa inorridire ma non ci intimidisce. Ci sgomenta perché indegna dell'uomo, ma ci fortifica nell'opporci ad essa con ogni nostra forza sul piano culturale, spirituale, umano. In nome di Dio, cambiate il vostro modo d'essere. Iniziate dal cuore - ha proseguito - abbiate questo coraggio. Sì, si tratta del coraggio di dire: abbiamo sbagliato tutto. Chiedere perdono è la dignità dell'uomo. Mai e poi mai divideremo con voi ciò che tragicamente vi appartiene, ossia l'odio; in alcun modo vi concederemo tale vittoria. Non riuscirete a portarci ad odiare; sarebbe la vostra vittoria, sarebbe la nostra sconfitta».
Lo stesso messaggio era stato elaborato già in precedenza, come dimostra l'omelia della Madonna della Salute: «Può anche accadere che, bestemmiando il nome di Dio, si giunga a uccidere l'uomo che ne è l'immagine».
All'invettiva è seguito il messaggio d'amore e di affetto da parte della Chiesa: «Ci siete diventati cari e ci spiace non potervi aiutare come vorremmo. La vostra dignità ci sorprende e fa riflettere».
Nonostante la forma delle eseque fosse civile, per consentire la partecipazione di ogni credo religioso, Moraglia ha impartito la benedizione alla salma con l'acqua Santa, come - poi ha ricordato - «richiesta dalla stessa famiglia».
«Carissima Valeria - ha detto - ti offro insieme alla Chiesa che è in Venezia, con tutte le confessioni cristiane presenti in questa città unica e universale, l'umile gesto della nostra preghiera e la benedizione del Signore come è stata richiesta».
Una scena tra le più toccanti assieme alle lacrime del sindaco e al vigoroso messaggio di fratellanza da parte della comunità musulmana ai massimi livelli.
Partendo dalla storia di Venezia, città nata con lo scopo di fare da ponte tra le differenti culture del Mediterraneo, il patriarca ha ricordato l'onnipresente dubbio esistenziale che ci assale ogni qual volta una vita è strappata da questo mondo prima del tempo.
«Sappiamo bene che, da solo, lo scorrere del tempo non sarà sufficiente a farci ritrovare serenità e pace. Carissima Valeria, la vicenda personale che ti ha coinvolto e che dolorosamente hai condiviso con chi - come te - era ignaro di quello che stava accadendo, ci dice una volta di più come la vita dell'uomo sia fragile, precaria e incerta. Sì, la vita dell'uomo è solo e semplicemente un dono».
Infine, la citazione del salmo 103, che ricorda come l'essere umano, sotto sotto, non è nient'altro che polvere.
«L'uomo: come l'erba sono i suoi giorni. Come un fiore di campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe, non è più. Sì - ha concluso - l'uomo è questo fiore che, nonostante il vento che sradica, permane. Il salmo, poi, ricorda che c'è qualcosa che non viene meno: l'amore, l'amore di Dio che è “da sempre” e sa bene che “noi siamo polvere”».
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