«Ora la sicurezza diventi il primo comandamento»

Sabato 4 Luglio 2015
«Ora la sicurezza diventi il primo comandamento»
MARGHERA - Sicurezza. Punto e basta. «Troppo spesso Marghera si ritrova al centro di fatti, dalla presenza di baby gang a giri di spaccio e di prostituzione, che non sarebbero possibili se il territorio fosse sotto controllo. È ora e tempo che la sicurezza a Marghera sia l'obiettivo numero uno di tutti».
Don Luca Biancafior, 38 anni, parroco di Gesù Lavoratore, in passato aveva denunciato più volte reati da "terra di nessuno", invitando, un anno e mezzo fa, i cittadini a segnalare alle forze dell'ordine ogni forma di illegalità riscontrata davanti alla propria abitazione o in strada e a non «rimanere ostaggio della criminalità». Aveva anche sollecitato un potenziamento degli agenti delle forze dell'ordine impegnate in quartiere. «Mi sento di lanciare un appello anche al nuovo sindaco Brugnaro perché, oltre a far sentire la propria presenza in via Piave,- sottolinea - si occupi delle situazioni di rischio che a Marghera tornano, troppo spesso, d'attualità».
Don Luca è il solo parroco di Marghera che, interpellato, si esprime sulla tragedia di piazzale Radaelli, rinviando, chiaramente alle forze dell'ordine, il compito di portare a termine le indagini e dare un nome al responsabile del delitto. Non conoscendo la vicenda, non rilascia dichiarazioni, infatti, il vicario don Giuseppe Volponi, parroco di S. Pio X, rientrato a Marghera solo per celebrare, ieri mattina, un funerale.
Preferisce tacere anche don Roberto Berton, parroco di S. Michele Arcangelo, la parrocchia cui faceva riferimento la vittima, dal momento che la chiesa, affacciata su via Fratelli Bandiera, si trova a pochi passi dal piazzale dove Cannizzaro risiedeva con la moglie.
«Il parroco - affermano in patronato - è stato profondamente colpito da quanto è accaduto ad Alberico, che frequentava abbastanza regolarmente la nostra chiesa. Non partecipava alle attività parrocchiali: era già molto impegnato dando una mano ai suoi figli nelle rispettive sedi parrocchiali che non avevamo cuore di chiedergli di dare una mano anche a noi».
Giacinta Gimma

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