È a terra che trema, infreddolito, stremato. Ahmad indossa un giubbotto

Lunedì 14 Dicembre 2015
È a terra che trema, infreddolito, stremato. Ahmad indossa un giubbotto scuro, un maglione e calze pesanti. È privo di forze e quando il freddo arriva alle ossa perde anche i sensi. I palazzoni di pietra e cemento di piazza delle Istituzioni, all'Appiani, nascondono su quel lato della questura l'unico spiraglio di sole mentre il termometro è fermo a sette gradi.
Viene chiamata un'ambulanza che accompagna all'ospedale anche altri due profughi. Uno ha una sospetta appendicite e l'altro vomita da quasi un'ora. Per tutti e 19, afghani e pachistani, la prospettiva è quella di un'altra notte senza un tetto. Da inizio settimana dormono sopra un pezzo di cartone alla stazione ferroviaria e soprattutto davanti alle porte della questura. Per loro non c'è un alloggio nonostante la colonnina minacci di scendere in fretta sotto gli zero gradi.
Pochi minuti dopo le 13 tre volontarie della Croce Rossa arrivano in piazza delle Istituzioni davanti alla questura. Hanno portato i viveri: alcuni piatti di ceci col sugo, una fetta di formaggio ciascuno e bottigliette d'acqua. «Hanno una fame mai vista - spiega una delle volontarie - mangiano in fretta e si saziano subito. Lo stomaco è così ristretto che faticano a mangiare di più». A qualcuno quei due cucchiai bloccano la digestione. Qualcun altro chiede un sacchetto per razionare la portata per la sera. Il viaggio - racconta - gli ha insegnato che non sa quando potrà mangiare di nuovo.
Sono tutti arrivati via terra lo scorso fine settimana. Hanno attraversato Iran, Turchia, e Serbia. Qualcuno ha anche subito delle mutilazioni durante la fuga: un 20enne afgano mostra l'avambraccio e racconta di essere stato inseguito dai talebani con una roncola. Non essendo arrivati via mare non hanno diritto all'assistenza. Né esiste un protocollo d'emergenza. Hanno tutti in mano un foglio che li convocava in questura lunedì mattina ma da quel giorno, dopo aver lasciato le impronte digitali, sono stati dimenticati quasi da tutti.
Davanti a una simile scena, mentre il freddo che si annida tra i palazzoni dell'area Appiani sembra impedire ad Ahmad anche solo di respirare, le volontarie mantengono il sangue freddo. Viene contattata la prefettura, l'amministrazione comunale e il 118. Gli scambi di telefonate con le varie associazioni non si contano. Si cerca un posto al caldo per tutti e il primo a rispondere presente è ancora una volta Abdallah Khezraji che nella sua associazione ha posto per sei persone. Per gli altri dieci si tenterà ogni strada fino a tarda sera. Ma l'ennesima notte al gelo appare praticamente inevitabile.

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